Filippo
Rossi, ha 33 anni, è attratto dalle corse lunghe. Vive a Lugano ma si
sposta per il mondo. È un ultramaratoneta, partecipa a competizioni
dure, dove è necessario un allenamento specifico ma soprattutto una
forte motivazione. E serve una dose di coraggio immane, le energie
quando mancano bisogna trovarle nel profondo: dove c'è l'anima.
Si
è appena conclusa la Marathon des sables.
“Ho
un ricordo che ancora oggi mi dà i brividi, era il 2014. Rammento la
maestosità, la grandezza della gara. Il percorso è duro e difficile, per me era un sogno: andare dove c'erano i grandi. E poi il deserto con tutta la sua solitudine che mi chiamava. Ero
impressionato dall'organizzazione, una 'macchina da guerra', con tutti
i suoi partecipanti, con tutta la sua fama. Io, però, prediligo gare
più piccole a livello di impatto mediatico”.
Cosa
rappresenta per lei la corsa?
“Con
il tempo è divenuta una parte importante della mia vita. Faccio 2 o
3 gare l'anno, è un sacrificio specie per chi ha lavoro e famiglia,
sostengo 12-13 allenamenti a settimana, sono oltre 10 ore, poi c'è
la palestra, insomma un impegno quotidiano. Ma dalla corsa non posso
più prescindere. Quando corro mi sento rilassato e a mio agio, entro
in una dimensione speciale”.
Come
è arrivato alla corsa estrema?
“Per
caso, uno dei miei primi allenatori me ne ha cominciato a parlare. Ho
visto delle foto e via, ho accettato la scommessa, quella di misurarmi con
qualcosa di nuovo. Quando ho partecipato alla Marathon des sables
avevo solo 24 anni, ero tra i più giovani del gruppo”.
La preparazione alle competizioni.
“Sono
nella situazione ideale. Non devo riportare obbligatoriamente dei
risultati. Ho la fortuna di avere degli sponsor che mi aiutano. Le
pressioni sono relative, devo finire la gara. Sono autonomo nelle
scelte e posso concentrarmi a modo mio”.
I
ricordi più belli?
“Ho
corso per 11 deserti, tutti diversi, tutti belli nella loro
particolarità. Sono delle esperienze magnifiche e profonde. Sento
sempre di avere uno spirito fresco che mi alimenta. Non faccio mai la
stessa gara. Farei un'eccezione per la Marathon des sables, vorrei
ritornarci, per migliorare il mio risultato, la mia posizione e
correre più forte”.
È
in partenza?
“È
tutto pronto. L'appuntamento è in Australia, il 17 maggio sarò al
via della “The Track”. Mi aspettano 540 km da percorrere in 10
giorni, per un totale di 9 tappe, in autosufficienza e su di un
terreno sterrato. Mi spinge la voglia di mettermi ancora alla prova:
è una sfida personale con me stesso. E poi c'è l'emozione di una
nuova avventura. La vittoria è l'obiettivo concreto che vorrei
cogliere”.
Lei
è un giornalista freelance.
“Sono
stato un reporter in giro per il mondo, specie nelle zone di guerra.
Ora mi sono un po' ritirato. Non ho più condiviso quel modo di fare
giornalismo, la propaganda con cui ero confrontato e quel mare di
odio”.