CALCIO
Crescere sì, ma senza pressioni
I bianconeri stanno facendo grandi cose, ma guai a pretendere il titolo in breve tempo
Pubblicato il 16.05.2023 08:54
di L.S.
Entusiasmo, tanto entusiasmo. Per questo Lugano che va per la seconda volta in finale di Coppa (e sarà seguito da più di 11 mila tifosi!) e che in campionato occupa il terzo posto.
Una squadra che sembra aver acquisito una mentalità da grande. Che recupera quando è in difficoltà e che sa amministrare quando è in vantaggio. Passi da giganti, per un gruppo che la scorsa estate era ripartito con tanti cambi e molte incognite.
La vittoria di domenica contro il Winterthur, che per qualcuno è stata “scialba e opaca”, è invece la firma di una squadra che ha capito come si fa. Che sa gestire le partite, che lentamente sta facendo crescere la forma dei suoi giocatori. E che, giusto ribadirlo, ha raggiunto ancora una volta il traguardo, tutt’altro che scontato, dell’Europa.
Mattia Croci-Torti è un allenatore che si esalta nelle difficoltà, che trova sempre qualche soluzione. Una volta è la difesa a tre, un’altra è Aliseda a centrocampo (o dietro le punte) o ancora Valenzuela che da terzino fa il finto centrocampista.
Sembra quasi provare piacere a trovare alternative, come se godesse nel mettere alla prova i suoi giocatori, per capirne lo spirito di adattamento.
E loro, neanche a dirlo, lo seguono con risultati sorprendenti e per certi versi “naturali”.
Aliseda e Amoura, che sembravano oggetti misteriosi, si sono rilanciati, Espinoza sulla fascia destra è diventato un vero punto di forza, mentre Steffen, dopo un inizio difficile in cui ha rischiato di smarrirsi, ora è un valore aggiunto.
Per non parlare della difesa, dove Hajrizi (crocifisso per un errore contro il Winterthur) sta tirando fuori doti sconosciute di regista difensivo, o Arigoni, spesso bloccato dagli infortunati, sembra aver trovato nella difesa a tre il ruolo ideale (che in fondo aveva spesso ricoperto nel Grasshopper).
E così si scopre che si può giocare anche senza Mai, Hajdari, Steffen, Doumbia, Valenzuela, Mahou e con un Bottani ancora a mezzo servizio. Non malissimo.
A tre settimane dalla finale di Coppa contro lo Young Boys, questo Lugano è una squadra ancora in rampa di lancio e la sensazione, se non dovesse capitare qualcosa di catastrofico, è che il 4 giugno a Berna si presenterà all’apice della forma.
Questa è l’attualità, il momento dei bianconeri. Poi ci sono le speranze, i sogni, le fantasie. Che almeno per il momento devono restare tali. Quelli di vincere presto un titolo, di diventare la squadra più forte del paese.
Ha ragione il CEO Martin Blaser nel predicare la politica dei piccoli passi.
Basti guardare cos’è successo quest’anno al Basilea, vicino alla finale di Conference League ma lontanissimo dalla vetta in campionato. O allo Zurigo che ha vinto lo scorso anno.
Lottare sue più fronti è difficile anche per le grandi società, quelle dai budget (quasi) infiniti e dalle rose lunghissime.
Pensare di riuscire a vincere un campionato sostenendo anche lo sforzo in Europa, per una realtà bella, ma ancora emergente come il Lugano, rappresenta una sorta di utopia.
E soprattutto mette addosso all’ambiente una pressione che al momento non può e non deve sopportare.
Consolidare la squadra, sviluppare il settore giovanile e costruire lo stadio, il tutto con una politica economica “sostenibile” nel tempo.
Gli obiettivi sono chiari. Il resto arriverà. Senza fretta né angoscia.
Questa società ha già dimostrare di conoscere la strada e di volerla percorrere con i giusti passi. Pensando all’oggi e pianificando il domani.