CALCIO
Dalle scommesse del Milan ai parametri zero dell'Inter
Differenti le politiche dei due club meneghini: il campo ha appena dato ragione ai nerazzurri
Pubblicato il 18.05.2023 08:28
di Silvano Pulga
Dopo la sbornia della Champions, e in attesa della sfida di questa sera a Basilea, che potrebbe regalare alla Svizzera una storica prima finale europea, sul campo restano i residui dei festeggiamenti dei tifosi dell'Inter e il disappunto dei dirimpettai rossoneri. Va detto che molti di loro erano consapevoli di non essere favoriti (bastava andare sui principali siti di scommesse sportive per avere conferma: gli algoritmi non sono scaramantici): però è un dato di fatto che il calcio è bello perché capace di rovesciare i pronostici, e anche in virtù di ciò che si era visto nel derby d'andata del campionato. Certo, nel frattempo Inzaghi aveva cambiato il centrocampo (a inizio stagione, era Marcelo Brozović il faro del gioco interista, più lento e prevedibile degli attuali interpreti del gioco dei nerazzurri): tuttavia, i tanti passaggi a vuoto della Beneamata, durante la stagione, anche in tempi recenti, contrapposti ad alcune prestazioni di spessore da parte dei rossoneri, avevano fatto sperare i tifosi dei campioni d'Italia in una prova convincente dei propri beniamini. Come sono andate le cose lo sappiamo: e, va detto, il risultato delle due partite è stata la cartina al tornasole del divario attuale delle due squadre, figlie di una politica differente: squadra dall'età media più elevata quella nerazzurra (tre anni in più), e con un peso economico decisamente più elevato (132 milioni di euro di monte ingaggi, contro gli 80 circa dei cugini), e con diversi giocatori affermati.
A parte questo, Stefano Pioli (se rimarrà) e la società dovranno fare, a fine stagione, un'analisi seria sulle problematiche fisiche: al di là degli infortuni muscolari, la squadra, in questa fase decisiva della stagione, non è stata in grado di avere quella intensità che, in tante occasioni, si è rivelata il suo aspetto vincente. Questione anche di testa, sicuramente (nonostante possa sembrare fuori luogo parlare di mancanza di stimoli, visto il contesto): evidentemente, manca la capacità di reggere mentalmente due competizioni ad alto livello. Però, è fuori dubbio che la rosa, all'atto pratico, soprattutto per ciò che riguarda le seconde linee, non abbia fornito quel valore aggiunto necessario a mantenere il gruppo ai livelli attesi. Le gare di Bologna e La Spezia (e non solo) sono ancora negli occhi dei tifosi milanisti.
Il preambolo serviva a presentare le parole di Paolo Maldini, indimenticato capitano e oggi dirigente della squadra milanese, dopo la sfida di martedì sera. Senza essere troppo apologetici, sicuramente il discorso dell'uomo al quale è affidata la gestione sportiva del club di via Aldo Rossi è raro da ascoltare a queste latitudini. L'ex terzino ha fatto i complimenti agli avversari, rivendicando però le proprie scelte: nella mentalità del Milan di oggi, portare a Milano De Ketelaere aveva una logica differente che fare arrivare Dybala. Certamente, il giovane ex Bruges non è la sola scelta interlocutoria della stagione: giocatori come Origi o Adli non hanno dato praticamente alcun contributo alla causa rossonera. E qua, naturalmente, più di uno ha voluto ricordare che il club milanese più vincente in città ha un blasone che gli dovrebbe rendere improponibile portare avanti una filosofia che dovrebbe appartenere a club di livello più basso, ragionamento che Paolino non ha certo voluto dribblare: "Certo che siamo consci di essere il Milan. Chi più di me potrebbe saperlo?"La cosa però che ci ha colpito di più, in un mondo dove tanti cercano altrove le cause dei fallimenti, dove si ipotizzano complotti ovunque, è stata la frase con la quale il dirigente rossonero si è fatto carico dei risultati di questa stagione: "Prendersi delle responsabilità è una bella cosa, a me è sempre piaciuto." Un concetto chiaro, senza fronzoli, al quale nella nostra piccola Lugano siamo abituati (Mattia Croci Torti la faccia ce l'ha sempre messa, per dire) ma che, nella vicina Penisola, è merce più rara. Va detto: Maldini e la proprietà hanno fatto delle scommesse, che sono andate male, e perseguito una linea gestionale che, per quanto sostenibile economicamente, a oggi vede il Milan fuori dalla Champions, dalla Coppa Italia e dai primi quattro posti in campionato. E, nel calcio, i risultati contano: perché non spendere e perdere, in fondo, è semplice. Massimo rispetto per chi ci mette la faccia, ci mancherebbe: ma, per ora, l'albo d'oro degli scudetti dei bilanci non esiste. Fermo restando che, a questa speciale classifica, anche il Napoli vanterebbe una posizione di tutto rispetto. 
I dirimpettai hanno fatto invece un progetto differente, a base di parametri zero i quali, in diversi casi, stanno facendo bene: uno su tutti Francesco Acerbi, che i tifosi non volevano perché accusato di essere milanista (lo era da ragazzo, come da lui dichiarato in più occasioni) e di avere, per questo motivo, spianato la strada ai rossoneri a caccia dello scudetto lo scorso anno, ingaggiati a cifre che hanno poi costretto la dirigenza nerazzurra a rivedere al rialzo i contratti di tutti i big in squadra.
Nonostante questo, hanno perso, a parametro zero, un giocatore importante (anche se stagionato) come Ivan Perišić e stanno per salutare Milan Škriniar, sino allo scorso anno visto come simbolo dell'interismo e indicato come futuro capitano nerazzurro. A parte questo, si guarda con apprensione un monte ingaggi il quale, aggiunto alla situazione finanziaria attuale, farebbe impallidire qualunque dirigente d'azienda. Ma, in fondo, in campo non vanno i debiti, il club non è stato penalizzato in alcun modo per questo motivo rispetto ai risultati sportivi e alla libertà di fare mercato, e Inzaghi si ritrova, oggi, a poter guardar il futuro in campionato con ottimismo, in chiave qualificazione europea, e ad avere davanti la possibilità di giocare due finali. Lasciamo a chi legge il giudizio su quale politica sia migliore: da parte nostra, sosteniamo da sempre l'importanza di spendere bene, cosa diversa dallo spendere tanto o poco. E, sotto questo aspetto, il Napoli, che abbiamo citato più sopra, quest'anno ha insegnato qualcosa a molti. Soprattutto a livello di guida tecnica, nonostante (va detto) Luciano Spalletti sia uscito male dalla sfida con Stefano Pioli.