Due libri da leggere o da rileggere
Es muss sein
Quando si ha la consapevolezza di vivere sempre la stessa vita
Pubblicato il 14.03.2021 13:19
di Angelo Lungo
Nell’agosto del 1881, passeggiando tra le vie dell’Alta Engandina, a Sils Maria, Nietzsche viene folgorato da quello che egli stesso definisce “il più abissale dei suoi pensieri”, ossia la teoria dell’eterno ritorno
Scrive il filosofo tedesco in “Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno”.
“Tutto va, tutto torna indietro; eternamente ruota la ruota dell’essere. Tutto muore, tutto torna a fiorire, eternamente corre l’anno dell’essere. Tutto crolla, tutto viene di nuovo connesso; eternamente l’essere si costruisce la medesima abitazione. Tutto si diparte, tutto torna a salutarsi; eternamente fedele a se stesso rimane l’anello dell’essere. In ogni attimo comincia l’essere; attorno a ogni “qui” ruota la sfera “là”. Il centro è dappertutto. Ricurvo è il sentiero dell’eternità”.
Il tema dell’eterno ritorno si pone come chiave di lettura di uno dei romanzi più famosi di Milan Kundera: “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.
È il filo che unisce personaggi e vicende e che si insinua nel contrasto tra pesantezza e leggerezza, sostrato dell’opera intera.
“L'idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla…
Diciamo quindi che l'idea di eterno ritorno indica una prospettiva nella quale le cose appaiono in maniera diversa da come noi le conosciamo: appaiono prive della circostanza attenuante della loro fugacità. Questa circostanza attenuante ci impedisce infatti di pronunciare qualsiasi verdetto. Si può condannare ciò che è effimero? La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia…”.