Calcio
L'addio di Ibra
Lo svedese lascia il calcio e mette fine alla sua carriera
Pubblicato il 05.06.2023 06:00
di Angelo Lungo
Ibra lascia e se ne va. Non può più giocare. Non è possibile battere il tempo, essere sempre presenti e protagonisti. Il richiamo della platea concupisce, ammalia, è stato spinto dalla sua “adrenalina”. Ha continuato a rimandare la fine della propria carriera. Ma l'età è implacabile. Lui avrebbe voluto continuare. Lo svedese fa parte della categoria degli individui che intendono esplorare al massimo le proprie potenzialità. Persone che si ritengono uniche e sono molto motivate. È stato sempre sicuro di sé. Tuttora non si propone e non vuole essere etichettato come uno normale. La spinta l'ha ricevuta dalla percezione di considerarsi come il migliore. La pressione la metteva agli avversari. Bastava seguirlo e la vittoria non diventava un miraggio, ma una realtà a portata di mano. Si potrebbe parlare anche di sicumera: la sicurezza presuntuosa. Si ostenta superiorità. Si manifesta certezza. E niente timori: quelli che bloccano e che non fanno agire. Eventuali fragilità non sono ammesse e se ci sono vanno nascoste. Ma ora ecco l'addio: è quello definitivo. Nessun ritorno e nessun ripensamento. Non può continuare. La scelta l'ha comunicata nel suo stadio, sponda rossonera, e ai suoi tifosi. E il giocatore che non mai ha vacillato, ha pianto e si è emozionato. Al centro del campo si è posto: con un fisico scultoreo, nonostante abbia oltrepassato i 40 anni, camicia nera, codino d'ordinanza, braccia alzate al cielo e via alla commozione generale. Il calciatore che ha cambiato casacca innumerevoli volte, si è congedato da quella che è diventata la sua “squadra”. È una storia di calcio, che va raccontata. Il legame tra Ibra e il Milan è stato speciale. Si sono sempre cercati, si sono voluti e si sono vissuti con passione. Si ritroveranno? Forse in giro e in qualche altra maniera. Lo svedese ha vinto quasi tutto. Gli è mancato un trofeo, lo ha inseguito tenacemente, ma non è mai arrivato: desiderava la Coppa delle grandi orecchie. La sua carriera è stata costellata da questa “ossessione”, ma essendo un realista ha capito che nel calcio ci poteva essere dell'altro. E ha accettato che così doveva essere. Ibra, si tratta di fato e non di destino.