Non
siamo mai stati cultori della sconfitta a testa alta: le finali si
vincono o si perdono. Non c'è spazio, normalmente, nell'albo d'oro
per definire se la testa fosse alta o meno, a partita finita. A noi,
che abbiamo assistito all'atto conclusivo di questa edizione della
Coppa svizzera, resterà invece il ricordo di un ambiente fantastico,
coi quasi 12.000 tifosi bianconeri che hanno sostenuto la squadra per
tutta la durata dell'incontro, applaudendola al fischio finale, e
quello di un risultato tutto sommato giusto, ma che sarebbe potuto
essere differente. A fine partita, infatti, Mattia Croci-Torti ha
parlato di regali fatti agli avversari. Verissimo: due gol, infatti,
sono stati incassati da palla ferma, e il secondo di questi è stato
frutto di una grossa ingenuità da parte di Saipi. Ma, a sua difesa,
va detto che il portiere bianconero ci ha messo la faccia a fine
gara: non è da tutti, e gli facciamo i complimenti. Per il resto, lo
Young Boys ha giocato una buona parte del primo tempo con grande
intensità, pressando alto, ma rimanendo molto corto,
per non permettere ai ticinesi di ripartire con efficacia. Grazie al
rombo e alla loro fisicità, i bernesi si sono assicurati la
supremazia in mezzo al campo; però, va detto, hanno avuto difficoltà
a creare palle gol pulite (una sola, con Elia). Per contro, i
bianconeri hanno faticato davanti, e sono riusciti a insidiare la
porta dei padroni di casa solo con un paio di conclusioni di testa di Arigoni
da palle ferme. Celar è stato infatti ben contenuto dalla difesa
avversaria, oltre ad aver ricevuto pochi palloni: ma, come detto,
sono stati bravi anche i neocampioni svizzeri. Alla fine,
semplificando, la partita è stata fortemente indirizzata da due
episodi: l'errore di Saipi a fine primo tempo e quello di Espinoza
nella ripresa, dal quale poteva scaturire il pareggio, e che ha
invece innescato il micidiale contropiede dello Young Boys, che ha di
fatto chiuso l'incontro, anche se una zampata di Steffen ha tenuto
col cuore in gola i tifosi di casa sino al termine. Nella ripresa, va
detto, si è visto un altro Lugano. E i rimpianti crescono, perché
forse, con quell'atteggiamento, la partita poteva finire in un altro
modo. Certo, dover fare a meno di Macek, infortunatosi nella
rifinitura, è stata una disdetta. Il Crus ha insistito con lo stesso
schema tattico, inserendo Bislimi: ma l'ex Sciaffusa, assieme a
Valenzuela, nel primo tempo è finito preda del rombo di centrocampo
avversario. Va però detto che altre squadre, magari, avrebbero perso
la testa, finendo travolte. Il Lugano, invece, con un Bottani in gran
spolvero, ha prima trovato il gol che ha riaperto la gara proprio
grazie al numero 10, e poi ha cercato con determinazione il pareggio
contro un rivale il quale, persa la forma fisica della prima
frazione, ha inesorabilmente smarrito metri, rischiando di capitolare,
pur andando vicino, in un'occasione almeno, al gol che poteva
chiudere la contesa. In definitiva, una partita emozionante e
divertente, che ha confermato come i bianconeri siano ormai una
realtà consolidata e rispettata del nostro calcio: il silenzio di
paura dei tifosi bernesi dopo la rete di Bottani ne è stata
dimostrazione. Dopodiché, fa bene Martin Blaser a predicare
prudenza, e a gettare acqua sul fuoco: il percorso è quello giusto,
ma la strada è ancora lunga. E passa, anche, dal non ripetere primi
tempi come quello di oggi, o di Lucerna e Ginevra di qualche tempo fa
in campionato. Come ha detto Mattia Croci-Torti, agli avversari non
vanno serviti regali. Soprattutto quando si tratta di squadre di
rango.
Calcio
Lugano, troppi regali
I bianconeri, nonostante la sconfitta, sono una grande realtà del calcio svizzero