CALCIO
La Conference e un calendario che fa discutere
Vince il West Ham, ma chi gioca il giovedì paga dazio in campionato: anche in Svizzera...
Pubblicato il 08.06.2023 09:25
di Silvano Pulga
Rispetto a squadre della vicina Penisola più blasonate, la Fiorentina aveva dalla sua, se non il tifo, perlomeno una cordiale indifferenza da parte degli appassionati italiani, con l'ovvia eccezione, per motivi legati più al campanile che al calcio, dei toscani non fiorentini. Pochi gufi, insomma, rispetto ai milioni di non interisti che si augurano, sabato, di vedere una sconfitta delle Beneamata longobarda, possibilmente con molti gol di scarto. Del resto, nelle tante occasioni nelle quali i tifosi della squadra milanese si sono trovati a vedere altre squadre di Serie A con la maglia a strisce giocare la finale della competizione regina in Europa, non si sono certo risparmiati in tal senso. E l'ostentazione con la quale, oggi, gli stessi fingono di dimenticare le circostanze relative a ciò che accadde l'ultima volta che una squadra milanese si trovò in finale a Istanbul contro una compagine inglese, dopo aver eliminato i dirimpettai cittadini durante la fase a eliminazione diretta, fa parte del gioco del tifo. Ma, come già scritto anche da altri, pensare di trattare il tifoso come un cliente è uno degli errori di marketing più grossi che si possano fare, nella gestione di una squadra di calcio italiana ed europea in generale. E ogni riferimento a ciò che sta accadendo a pochi chilometri a sud della frontiera non è per nulla casuale.
Tornando a ieri, la finale della Conference League ha dimostrato alcune delle tesi che sosteniamo da tempo: e cioè che questo è un habitat dove le squadre della Serie A attuale possono aspirare ad arrivare in fondo (seconda finale in due edizioni), e che potrebbe essere un terreno di confronto ideale anche per la nostra realtà elvetica (il Basilea lo ha dimostrato questa stagione, sfiorando la finale proprio nel confronto con i toscani). Certo, in Italia c'è il grande vantaggio di un calendario che viene cucito su misura per favorire chi partecipa a queste competizioni, posticipando e anticipando le partite. La Conference League, per rimanere in tema, per la sua natura di competizione che privilegia i tornei europei di fascia più bassa (anche se in fondo, a questo giro, sono arrivate un'italiana e un'inglese), comporta trasferte in realtà non sempre centrali (e quindi, ben servite dagli aeroporti), oltre al fatto che le partite si giocano di giovedì. I vertici del nostro calcio, fermo restando che sarebbe bello vedere tutti gli anni una nostra compagine elvetica nella fase a gironi della Champions, con speranze di passare agli ottavi, dovrebbero pragmaticamente pensare che il livello attuale della Super League è tarato sulle competizioni di fascia inferiore: quelle, appunto, che si giocano al giovedì. Il nuovo formato del campionato, a 12 squadre, con l'aumento delle partite, deve (dovrebbe, almeno) tener presente le esigenze europee dei nostri club. A differenza di ciò che accade oltreconfine, tra l'altro, in Svizzera c'è la tendenza a sostenere i club impegnati nelle competizioni UEFA anche, a volte, contro gli interessi delle proprie squadre del cuore (i soldi dei diritti tv vanno nelle casse dei club, che poi si rafforzano anche e soprattutto in chiave interna: per informazioni citofonare YB e Basilea). La realtà è che gli appassionati, a volte, vedono più lontano dei vertici: un calcio che cresce nelle competizioni internazionali porta prestigio. E, con quello, giocatori più forti e, in definitiva, un migliore spettacolo. Vogliamo dargli torto?
Tornando alla partita, la Fiorentina, nella prima frazione, ha fatto molto possesso palla, ma senza però riuscire veramente a pungere gli inglesi, molto fisici. L'ingresso dell'ex Basilea Cabral sembrava potesse dare un po' di pepe in più, ma un'ingenuità difensiva dei viola ha messo Biraghi (precedentemente ferito dal lancio di oggetti in campo da parte dei tifosi inglesi) nella condizione di commettere un fallo di mano in area. Rigore e trasformazione, di Benhrama, poco oltre il quarto d'ora di gioco. La reazione dei toscani ha portato al pareggio dopo pochi minuti, grazie a una magia dell'ex rossonero Bonaventura: controllo in area e staffilata sul palo lontano, davvero pregevole. La squadra italiana, però, non è riuscita a trovare il colpo del KO, nonostante una certa superiorità nel palleggio e, quando mancavano pochi istanti al 90', ha commesso una leggerezza difensiva imperdonabile, lasciando cinque giocatori praticamente in linea pochi metri oltre la linea di metà campo: passaggio perfetto di un altro ex milanista, Paquetá, per Bowen, lanciato a cercare la profondità partendo da dietro. Per l'attaccante degli Hammers, solo davanti a Terracciano, insaccare è stato un gioco da ragazzi.
Che dire? Con due finali perse in pochi giorni, il tecnico della Fiorentina Italiano si conferma bravo, forse, ma ancora lungi dall'aver raggiunto il livello necessario per fare il salto di qualità: quello, per dire, che gli potrebbe consentire di guidare una squadra di prima fascia. Si parla di lui come di possibile sostituto di Spalletti al Napoli: può darsi, ma a noi il palleggio lento e insistito, con appoggi al portiere, il quale poi lancia lungo per superare la metà campo avversaria, che abbiamo visto in alcune occasioni, ha lasciato perplessi, al netto del suicidio finale, figlio certo di una disattenzione, e anche di una disposizione tattica rivedibile. Ci sono piaciute poco le parole di fine partita, e (perché no) le dichiarazioni rilasciate dopo le sfide contro il Basilea, dalle quali trasparivano una non perfetta conoscenza dei renani, fuori luogo in quel contesto. Fossimo in lui, resteremmo a Firenze, piazza media ma esigente dal punto di vista della qualità del gioco, per crescere, maturare e studiare. 
Due sconfitte su due, quindi, per il calcio italiano, sinora. Qualcuno, oltre confine, potrà anche storcere il naso, ma non si è trattato di due partite perse in modo immeritato. La realtà è che il calcio italiano trova, come già detto, la propria dimensione ideale nelle competizioni di seconda fascia: ma vincerle, poi, non è sempre facile. Si potrebbe discutere se è il livello della Serie A a essersi alzato, o quello del calcio estero (Inghilterra esclusa) ad averlo fatto verso il basso. Noi optiamo per questa seconda ipotesi, non fosse altro vedendo il confronto, a livello di budget e di valori individuali, tra una squadra come il West Ham vista ieri sera, undicesima in classifica della Premier League, e una qualunque di quelle della massima serie oltre confine. Vedremo come andrà a finire l'asta per i diritti televisivi in Italia: certamente i grandi manager delle televisioni sono personaggi che, a differenza di tanti tifosi italiani, non si fanno incantare dalle prime pagine dei giornali sportivi. Difficilmente si arriverà a cifre paragonabili a quelle che ricevono i club inglesi, ma non solo: ci fanno anche sorridere le aspettative della Lega Calcio italiana, al netto dei tanti disservizi che gli appassionati di oltre confine hanno subito in queste ultime stagioni con lo streaming. 
E ora, aspettiamo sabato. L'Inter di Inzaghi non parte battuta, anzi: il tecnico emiliano ha saputo farla arrivare al massimo della forma e della fiducia all'appuntamento. Più pronta di così, la Beneamata non potrebbe essere: se perderà, non si potranno accampare scuse sulla mancanza di questo o quel giocatore, o su errori di preparazione. Certo, le quote delle scommesse sono impietose: ma, come sappiamo, le principali agenzie di puntate sono britanniche. E, da quelle parti, come abbiamo visto in questi giorni (dal bus scoperto per il West Ham già predisposto ai tatuaggi dei tifosi dei Citizen con il Triplete) non sono certo superstiziosi, a differenza di ciò che accade oltreconfine, dove solo pronunciare la parola "2005" rischia di mettere il malcapitato che la proferisse per sbaglio nei guai. Ma questo è il tifo: e, in fondo, per molti è il bello del calcio.