Domenica 11 giugno parte il Giro della Svizzera, giunto alla novantesima
edizione. Nel 1961 lo aveva vinto il nostro Attilio “Tilo” Moresi che
esattamente 60 anni fa (1963) si era laureato campione svizzero tra i
professionisti dopo avere vinto, otto anni prima (1955), il titolo nella
categoria dilettanti.
I suoi “raptus” di coraggio avevano fatto di lui “un campione senza
avversari”, “uno stradista forte anche in salita” – si legge nei nostri due
settimanali sportivi dell’epoca. Oltre che corridore di valore il valcollese
era stimato e amato per “la dolcezza dei suoi rapporti umani con la gente”, “la
serenità del pensiero e la schiettezza delle sue parole”.
Moresi
(1933-1995) è stato professionista dal 1956 al 1965 partecipando a 10 Tour de
Suisse, 5 Romandia, altrettanti Giri d’Italia e 3 Tour de France. Per tre volte
ha corso la Milano-Sanremo, una volta il Lombardia. Da dilettante ha
partecipato ai campionati del mondo 1953 di Lugano. Nato a Viganello, è morto a
Piandera.
Fu l’unico ticinese ad avere conquistato il titolo di campione svizzero
di ciclismo su strada. Correva l’anno 1963, i tifosi lo portano in trionfo: “Il
volto di centinaia di persone arrivate a Eschenbach da ogni angolo del Ticino è
rigato di lacrime: Tilo, esploso quest’anno nella cronometro Mendrisio-Varese,
è stato magnifico” scriveva L’Eco dello Sport.
“Completo
il trionfo dei corridori del Gruppo sportivo Cynar al campionato svizzero: 1.
Attilio Moresi, 2. Rolf Graf, 3. Werner Weber”. Questo il titolo a
caratteri cubitali apparso sul settimanale diretto da Elvezio Andreoli che
commentava entusiasticamente l’impresa del corridore della Mondia: “Una
meravigliosa affermazione, ottenuta con grande merito in opposizione ad
avversari che più di lui godevano i favori del pronostico”. Tra questi venivano
citati Rolf Maurer “il brillante protagonista
del Tour de l’Avenir, da quasi tutti pronosticato sicuro vincitore di questi
campionati” e “Kurt Gimmi reduce dal Tour dove aveva mostrato
sprazzi di grande classe”.
Sempre su
L’Eco dello Sport del 23 luglio 1963: “Un
Moresi generoso, semplice, modesto oltre che serio ha fatto tutto da sé. Si è
allenato da solo, ciò che è cosa debilitante, con una serietà e costanza
ammirevoli. L’abbiamo visto sovente sulle nostre strade pedalare in solitudine
con un viso in sofferenza. Ultimamente lo avevamo ‘arrestato’ quand’era in
piena azione mentre s’avviava, felice e contento, verso casa dopo una laboriosa
fatica”. Come nel 1961, l’anno in cui
vinse il nostro Giro. Quella volta avevamo contribuito in modesta misura a
fabbricargli il morale. Eravamo al suo seguito anche al Giro d’Italia in unione
allo sportivo Rusca il quale con la sua potente macchina ci aveva fatto vedere
parecchie volte la strega…”.
Un
‘linguaggio’, come potete dedurre, d’altri tempi: vivace, colorito…: “In albergo abbiamo trovato Moresi e gli
abbiamo detto: Caro Tilo, il Giro della Svizzera è tuo, non fare stupidaggini
come nel precedente quando te lo sei lasciato portare via da Pasqualino (Fornara, ndr). Sei il migliore dei nostri, lo vincerai!”.
“Moresi – leggiamo tra le righe de “lo Sport Ticinese” - non è quello che si dice un “cannone”. Non
vince per distacco, non compie imprese solitarie, non è un camoscio… Ma le sue
doti sono rimarchevoli, la sua forza di volontà è fenomenale…”.
Una
curiosità: Tilo si aggiudicò il TdS portando la maglia ‘d’oro’ (come la si
riconosceva in quegli anni prima che diventasse, più modestamente, ‘gialla’)
dalla seconda all’ultima tappa senza vincerne una.
Al traguardo
finale di Lucerna c’era mezzo canton Ticino a portarlo in trionfo: “Tilo, ti ringraziamo per questo tuo grande e
prezioso dono” – commentò Aldo Sartori, direttore de “Il Giro”,
pubblicazione che usciva “in rosa” subito dopo l’arrivo di tappa e veniva
distribuita in tutto il Cantone la sera stessa.
Tilo, un
campione stimato ed apprezzato, degno vessillifero del ciclismo nazionale. Un
uomo che ha saputo guadagnarsi l’affetto di tutti gli sportivi della Svizzera
italiana. Lo ricordiamo per le sue gesta sportive e la nobiltà del suo animo a
28 anni dalla scomparsa.