L'Italia
degli anni Ottanta voleva mettersi alle spalle un decennio
complicato, intendeva diventare moderna, la speranza era a portata
di mano, si poteva viverla e consumarla. Eppure esistevano dei
territori interni, poco raccontati e ancora nascosti. L'Irpinia è
una terra verde e rappresenta l'identità di una provincia che si
chiama Avellino. È un luogo dove il paesaggio
diventa mistero. Il silenzio dell'umano, le parole sono della natura.
Pendii dolci e verdi. Lo sguardo è posto verso l'orizzonte, oltre si
può andare con l'immaginazione, ma poco importa, quello che si vede
incita a rimanere immobili e riporta ad ancestrali equilibri. Il
frastuono della contemporaneità è lontano, costituisce un residuo che
svanisce, un orpello senza valore. Rumore e velocità sono retaggi,
pastoie destituite, costruzioni senza fondamenta. Ecco il silenzio,
ecco la lentezza. Percepirsi piccoli e sentirsi speciali davanti a
uno spettacolo che non è semplicemente estetico. Esserci nel tempo:
significa fermarsi, interrompere la corsa della quotidianità. Eppure
all'improvviso ci fu la ribalta nazionale, l'Avellino nel 1977-78 fu
promosso in Serie A. E per dieci anni il miracolo verde ha viaggiato
per la penisola, sfidando i mitici squadroni del Nord. Non è la
passione quello che lega i tifosi alla loro squadra, è amore:
purezza e orgoglio lo contraddistinguono. Ma tanti irpini sono
partiti, alla ricerca di occasioni migliori. E sono stati accolti
dalla Svizzera, che è sempre stata ospitale e magnanima. Soccorso
Cresta, assieme al gruppo di cui fa parte, è un irpino trapiantato in Ticino. È toccato a lui organizzare un incontro, giunto alla decima edizione, “Lupi irpini in Svizzera”.
L'ultimo si è appena tenuto a Lugano (zona Breganzona), ospite d'eccezione Andrea
Manzo. Alcuni si sono sobbarcati una trasferta di oltre
900 km giungendo da Venticano. Altri sono calati da Zurigo (come Gino) e da
Bienne (come un altro Soccorso). Lo scrittore Milan Kundera sostiene che il tempo umano avanza
in linea retta e non in cerchio. L'uomo non può essere felice,
perché “la felicità è desiderio di ripetizione”. Certo, è
stata la serata della memoria e dei ricordi, ma non è stata
nostalgica. Dietro c'è un pensiero: raccontare che l'Avellino ha
vissuto il calcio di alto livello. E che la sua gente non smette di
crederci, non è illusione, è un sogno. Essere “lupi” è un
principio ordinatore. E quando i verdi furono retrocessi, un tifoso
disse: “Un irpino si inchina solo davanti a Dio”.
Calcio
Lupi irpini
Una passione sportiva che parte da Avellino e arriva in Svizzera