CALCIO
Il calcio italiano è davvero in ripresa?
Tre finali nelle Coppe europee ma un'eliminazione prematura con l'Under 21 che fa male
Pubblicato il 03.07.2023 08:17
di Silvano Pulga
Diventa sempre più difficile tracciare un confine certo tra l'inizio e la fine della stagione calcistica. EuroU21, per esempio, va considerato come l'ultima manifestazione della stagione trascorsa o la prima della nuova, visto che (per esempio) si sono già giocate le prime partite ufficiali dei preliminari di Champions (quelle dove giocano le squadre di San Marino, per intenderci), al netto del fatto che ormai, da noi, è in pieno svolgimento la preparazione pre campionato?
Comunque, al di là di queste precisazioni a uso prettamente statistico, nella sostanza si gioca. E, oltreconfine, la prova offerta, nel torneo di categoria, dagli Azzurrini, ha lasciato perplessi molti commentatori, soprattutto quelli che avevano cavalcato la narrazione di un calcio tricolore in netta ripresa, e in grado di tornare ai fasti del secolo scorso: tre squadre finaliste in tutte le competizioni UEFA, i tifosi della vicina Penisola non le vedevano dal passato millennio, appunto. Con una differenza: nel 1990 (quell'anno le finaliste furono 4, visto che la Juventus, che poi si aggiudicò il trofeo, affrontò nella doppia sfida di Coppa UEFA, la Fiorentina) le squadre della vicina Penisola fecero l'en plein di vittorie, mentre a questo giro lo hanno fatto di sconfitte. Onorevoli, a testa alta, con arbitraggi opinabili: i titoli, in tal senso, si sono sprecati, ovviamente. Ma, in concreto, hanno festeggiato gli altri. E tanto basta, perlomeno per quelli come noi, che guardano l'albo d'oro: sbagliamo, probabilmente. Però, col passare del tempo, e la scomparsa dei protagonisti, nessuno ricorderà, per esempio, le circostanze che portarono il Milan a perdere la finale del 1958 in Coppa campioni e quella del 1963 in Coppa Intercontinentale. Gli appassionati del 2060 leggeranno solo i nomi delle squadre vittoriose nelle competizioni: e, del resto, il fenomeno si sta verificando per cose molto, molto più serie, come sappiamo.
La realtà del calcio della Penisola è invece complicata, come abbiamo già avuto modo di scrivere recentemente. I diritti televisivi, per esempio, che dovrebbero essere una delle maggiori fonti d'entrata del movimento. La cronaca ci racconta come le aspettative d'incasso (si parlava di una cifra ampiamente oltre il miliardo di Euro) siano state pesantemente frustrate da offerte decisamente minori (alcune indiscrezioni parlano di 600 milioni addirittura). L'idea della trasmissione di una partita in chiaro sulle reti generaliste (RAI o Mediaset) non sembra avere raccolto l'adesione delle dirigenze aziendali, perlomeno alle cifre ipotizzate dai vertici calcistici della vicina Penisola. Il calcio continua ad appassionare, soprattutto in un Paese con un'alta età media (i recenti sondaggi effettuati dalla SFL in Svizzera, per esempio, in ottica di cambio del formato del nostro massimo campionato, hanno rivelato che i giovani non sembrano essere così attratti dal calcio come lo eravamo invece noi alla loro età, perlomeno se presentato in un certo modo); però, la forbice tra quanto chiede la Lega calcio, e quanto sono disposte a offrire le società televisive, sembra ancora piuttosto ampia. E questo nonostante si sia data a queste imprese la possibilità di gestire orari e calendario delle partite. O forse proprio per questo, chissà.
Ma non solo: la polemica preventiva sull'eventuale combine tra Francia e Svizzera per fare fuori gli Azzurrini, montata oltre confine, ha infastidito (e a ragione, diciamolo) parecchio i tifosi e i commentatori elvetici. Ne abbiamo dato conto sulla nostra testata, con l'ironia di Giorgio Genetelli. Scriveva invece Tarcisio Bullo, sul Corriere, che in Italia servirebbe mettere da parte la cultura del sospetto, ricominciando invece a curare l'aspetto tecnico e la crescita dei giovani e degli allenatori, così come auspicato, per esempio, da Arrigo Sacchi. Probabilmente, anche se a molti fa male ammetterlo, il calcio della vicina Penisola è ancora malato, e la vittoria nell'Europeo lo scorso anno appare sempre più come il frutto delle coincidenze che non come il punto d'arrivo di un percorso di costruzione. Del resto, la polemica del responsabile area tecnica del Lecce, Pantaleo Corvino, dopo i risultati ottenuti dai salentini nel campionato Primavera, con una rosa comprendente 20 giocatori stranieri, la dice lunga. Il dirigente della squadra pugliese lo ha detto chiaramente a Leccecalcio.it"I migliori salentini giocano con noi, e questo emerge dai risultati che facciamo con le altre scuole calcio locali. Però, quando usciamo dai nostri confini, con gli stessi ragazzi perdiamo, nonostante siano i migliori giocatori del territorio.”  Il tutto senza parlare dei costi: alla Gazzetta dello Sport, che lo aveva intervistato in aprile, Corvino ha risposto senza giri di parole: "Non abbiamo le risorse dei grandi club. Altri hanno stipendi da 200mila euro, noi con 250mila paghiamo tutto il gruppo.” Alla fine, il punto vero è questo, con buona pace delle Nazionali. Al netto di vedere un Sandro Tonali che parte, a cifre oltre l'effettivo valore (e quindi irrinunciabili), giocatori avanti con gli anni che vengono a prendere l'ultimo contratto importante della carriera, e di vicende extra campo, la cui conclusione ha lasciato perplessi tanti appassionati, anche per i commenti di alcuni dirigenti calcistici. Non stupiamoci, poi, se i giovani (che sono sempre di meno: ma qua si entra in aspetti geopolitici) preferiscono seguire e spendere i propri soldi per fruire di altri tipi di spettacolo.