CALCIO
Gli schiavi d’Arabia
I calciatori professionisti, tasche piene o meno, sono polli d'allevamento
Pubblicato il 18.07.2023 09:25
di Giorgio Genetelli
I nomi e cognomi li sanno tutti, anche quelli dei vecchi bufali e dei giovani micini: il calciomercato spopola come Babbo Natale in dicembre. Nomi non ne facciamo, perché sono le destinazioni e i prezzi a lasciare a bocca aperta chi non si capacita di cifre impossibili e luoghi terrificanti. Vabbè, passi per Miami che con tutti gli esuli arricchiti e i pensionati senza scopo dev’essere tipo un centro di recupero al cubo e forse un senso lo cela; nemmeno la Cina sorprende, dato che il boom è finito e la qualità di vita e comprensione delle cose dev’essere quello delle formiche (che nel loro piccolo però si incazzano); l’Inghilterra tira ancora ed è competitiva, si capisce.
È l’Arabia, Saudita (ce n’è un’altra?), che attira giocatori formati, vecchi ruderi, giovani di qualità e altre figurine, stinte o fiammanti. A frotte.
Ma perché? I soldi sono la risposta, ma la più ovvia. Secondo noi, ossia secondo me, si tratta semplicemente di passare da una prigione all’altra, con meno tentazioni, con meno impulso di vivere come persone felici e a contatto col mondo. Non si capisce? Beh, allora diciamo che i calciatori professionisti, tasche piene o meno, sono degli schiavi prezzolati, comandati da tutti i parassiti: dirigenti, allenatori, tifosi, procuratori, famiglie, media, immagini, sponsor. Non hanno una vita, sono polli d’allevamento pesati e rinchiusi in centri d’allenamento, pullman, sale massaggi, piscine, mense, farmacie, case. La strada e la piazza delle verifiche e dei confronti (cit. Gaber) sono precluse. Solo che dagli appartamenti sbarrati di Londra Parigi Madrid Barcellona Roma Milano Monaco eccetera, be’, da lì si scorgono mari, monti, alberi, pub, pizzerie, parcogiochi, fiumi, concerti, teatri, cinema, librerie (mah…), libertà individuali e collettive. Si vedono questi tesori, ma i calciatori non li frequentano e i quarti d’ora d’aria loro concessi peggiorano la malinconia, sono istanti che probabilmente struggono i loro cuori di prigionieri.
Allora, privi di libertà, tanto vale vestirsi da Abate Faria e andare in postacci di sabbia e cemento inventati dal nulla e piazzati nello stesso nulla, che almeno non ti viene la voglia irrefrenabile di scappare di notte per folleggiare e poi beccarti una reprimenda social, con multa e prediche. In Arabia si sta a casa e ci si allena, oppure si va a leccare i piedi di chi ti paga senza scrupoli democratici. A occhio, per i cultori del settore non ci sono nemmeno la voglia e la possibilità di fare le corna alla campagna o al compagno.
Prigione per prigione, dunque tanto vale scegliere un posto inguardabile che non ti fa sentire carcerato visto che non c’è niente. Coperti d’oro per qualche anno, senza i ritmi del calcio che vale, ben reclusi e a fine pena liberi di andare a Miami a fare i pensionati sconosciuti e danarosi. Poi magari non sanno che farsene della libertà conquistata e i soldi li mangiano, ma questo è un altro discorso.