Quando il calcio sorprende
Il colpo… della Strega
Nello sport crederci significa provarci
Pubblicato il 22.03.2021 13:55
di Angelo Lungo
In genere l’imprevisto stupisce, contraddice il timore e rende concreta la speranza. Il calcio non sfugge a tali dinamiche, è fatto da uomini che prendono decisioni, scelgono tattiche e vivono di emozioni cangianti.
16 luglio 1950 al Brasile, padrone di casa del Mondiale, bastava solo un punto contro l’Uruguay per diventare campione. La Seleção sembrava imbattibile. La partita: brasiliani in vantaggio, ma non fecero i conti con la garra charrúa e la Celeste ribaltò clamorosamente il risultato con Schiaffino e Ghiggia. Risultato: psicodramma collettivo. Il Maracanazo era servito, una storia scritta. Chiosa: il portiere degli uruguaiani Roque Maspoli era originario del Malcantone; il centrocampista Alcides Ghiggia era originario di Sonvico.
Mondiali di calcio del 1966 in terra inglese, l’Italia di Facchetti, Bulgarelli, Rivera e Mazzola incontrava la Corea del Nord. Prima della partita non furono suonati nemmeno gli inni, poiché l’Inghilterra non riconosceva come Stato gli asiatici, la partecipazione di quest’ultimi era stata in forse sino all’inizio del torneo. Risultato: segnò Pak Doo-Ik, all’epoca istruttore dell’esercito e poi insegnante di ginnastica, e una squadra di dilettanti battè i prestigiosi Azzurri.
Maggio 1967, la Grande Inter era reduce dalla sconfitta in finale di Coppa dei Campioni contro il Celtic Glasgow. Il 1° giugno si giocava lo scudetto a Mantova, la Juve era a -1. Risultato: vittoria dei padroni dei casa per 1 a 0, con una papera del mitico portiere Sarti e l’implacabile Juve divenne campione.
20 maggio del 1973, ultima di campionato: Milan primo a un punto Juve e Lazio. I rossoneri di Rocco e Rivera avevano da poco conquistato la Coppa delle Coppe. Milanesi di scena non alla Scala ma all’Arena. Risultato: scaligeri scatenati, travolgenti e vittoriosi per 5 a 3. Scudetto alla cinica Juve. Quando Verona divenne “fatale”.
20 aprile 1986, penultima di campionato, Roma e Juve veleggiavano appaiate in testa, dopo una clamorosa rimonta dei capitolini.  I giallorossi di Eriksen proponevano un gioco spettacolare e sbarazzino. Un clamoroso spareggio sembrava profilarsi. All’Olimpico arrivava il retrocesso Lecce. Risultato: i giallorossi salentini, guidati da due argentini Barbas e Pasculli, si imponevano per 2 a 3. Nell’ultima giornata scudetto, manco a dirlo, alla Juve.
E Juve-Benevento 0-1? Di certo la sconfitta dei bianconeri non è così eclatante, tuttavia è simbolica della loro stagione. I neopromossi sanniti, le cui terre sono leggendarie e misteriose, non vincevano da 11 giornate. Due sono le questioni da dirimere. L’allenatore: Pirlo è parso subitaneamente una scommessa, nessuna esperienza, non ha potuto nemmeno sperimentarsi durante il precampionato. Le sue idee tattiche non si sono concretizzate, il modulo di gioco è cambiato continuamente e mai una formazione tipo.
Ronaldo: l’incidenza dell’operazione finanziaria è decisiva sui conti della società e incide sulle strategie future. Il giocatore non si discute, ma appare accentratore della manovra. La sua caratura è ingombrante: è quel tipo di calciatore che sovrasta l’immagine del club. E questo non è da Juve.
Scrive Osvaldo Soriano: “ Il calcio ha le sue ragioni misteriose che la ragione non conosce”.