OFFSIDE
"Stanimal" non molla
Wawrinka, a 38 anni, combatte ancora come un leone sui campi da tennis
Pubblicato il 28.07.2023 10:56
di L.S.
C’è un 38.enne di belle speranze che gira il mondo a giocare a tennis. Alcune partite le vince, altre le perde. Sempre lasciando tutto sul campo, come se dovesse ancora dimostrare qualcosa a qualcuno.
Quando si leggono i suoi risultati e soprattutto i suoi rivali, un pensiero ce lo si fa: ma perché non smette? Ma dove vuol arrivare?
Lui invece va avanti, imperterrito, sospinto da quell’amore per il tennis che soltanto gente così può spiegare.
I soldi li ha fatti (35 milioni di dollari solo in premi), così come i titoli, che ha vinto. Tre grandi slam, un oro olimpico nel 2008 a Pechino in coppia con Roger Federer, e terzo posto delle classifiche mondiali.
Il tutto nell’era degli insuperabili tre: a volte addirittura battendoli. L’unico con Andy Murray ad aver vinto tre gran slam contro quei mostri di Federer, Nadal e Djokovic.
Vincente sia sulla terra battuta che sul duro, con quel rovescio a una mano efficace e bellissimo da vedere, un manifesto della bellezza del tennis.
Ha avuto la sfortuna, ma forse è stata anche uno stimolo (chissà), di essere lo svizzero che nessuno si filava: erano tutti per Roger, per il Dio del tennis e lui, grandissimo campione, sempre a rincorrere. Nell’ombra.
Quando giocava contro Federer tifano tutti (moderatamente) contro: non dev’essere stato facile essere svizzero in quegli anni. Solo una volta ha ricevuto la stessa attenzione e lo stesso calore del suo collega, quando in coppia nel 2014 hanno vinto l’unica coppa Davis della storia svizzera.
Wawrinka comunque non ha mai mollato, è andato avanti per la sua strada, anche nei momenti più duri, quando arrivò a tatuarsi la frase del drammaturgo inglese Samuel Beckett: "Ci hai provato e hai fallito: non importa, provaci ancora. Sbaglia ancora, sbaglia meglio”.
Si era fermato qualche anno fa, per problemi personali e fisici. Sembrava la fine, in pochi scommettevano sul suo ritorno.
Poi, proprio a Marbella, due anni or sono, sotto i nostri occhi, il ritorno, con una sconfitta contro uno sconosciuto svedese. Un po’ appesantito ma sempre con quel tocco magico, che a volte riesce ancora a far sognare.
Da lì il pensiero del “chi te lo fa fare, caro Stan”? Domanda che si fa soltanto chi gli ha voluto bene.
Nonostante tutto, chi come noi lo ha tifato anche più di Federer, va a cercare giornalmente il suo risultato, un po’ per curiosità, ma soprattutto per capire se riusciremo mai a rivederlo ai livelli di una decina di anni fa. E quando perde contro un carneade di cui ignoravamo l’esistenza, sentiamo come una pugnalata allo stomaco.
Ritornerà ad altissimi livelli? Difficile, quasi impossibile: lo sappiamo noi e lo saprà anche lui, che affronta ogni battaglia come se fosse una finale di un grande slam. Il tennis è uno sport per giovani, fatta eccezione per quel fenomeno di Djokovic. Che però fa parte del club degli extraterrestri.
Stan invece no. È uno “normale”, e noi, proprio per questo, lo tifiamo ancora di più.