La facciata dello Zeughaus di Basilea è la svizzeritudine al
cubo. È uno dei tanti arsenali riqualificati a qualcosa di patriottico, museo,
club di ex-commilitoni, municipio o fiera di memorabilia, magari una banca o la
sede di un consiglio d’amministrazione che maneggia soldi, boh, comunque saldo
in alcuni principi elvetici, a volte un po’ illusori. Illusorio come la
Maladière di Neuchâtel vuota in stile lockdown e il Municipal di Yverdon pieno
per goliardia, questioni di ordine pubblico per il match tra Yverdon e Young
Boys che sono tanto severe quanto comiche. In fondo è comica anche la facciata
dello Zeughaus, vista dal tram che sfreccia verso il St. Jakobs-Park, sta lì a
farsi bella e i passanti pensano solo a tradirla con la simulazione bellica che
è il calcio dentro l’arsenale che si chiama stadio.
Non c’è come girarla, la nostra Madre Patria, per
riconoscerla nella sua fermezza provinciale, difesa a oltranza con valori un
po’ inventati come l’eroe stesso con la sua balestra e la puntualità dei treni.
Anche questo Primo d’agosto è un accordo per anniversario fumoso nella sua
remota incertezza.
Ma in fondo noi svizzeri siamo tutti d’accordo, basta essere
in chiaro e rispettare le regole condivise. Il calcio dà una mano a me, che
sono un po’ cinico, nei viaggi di conoscenza attraverso la fierezza
rossocrociata, con le sue maglie e le sue bandiere.
Poi ci si incrina un pochino: il gol che rialza il Basilea
contro il temibile Winterthur lo segna Finn Van Breemen, giovanotto e difensore
di talento. Olandese.