CALCIO
Il discorso del Crus
Il tecnico del FC Lugano è stato invitato a Novazzano per celebrare il primo d'agosto
Pubblicato il 01.08.2023 14:41
di Mattia Croci-Torti
Care cittadine e cari cittadini di Novazzano
Essere invitato e avere l’onore di tenere il discorso ufficiale nel giorno che celebra la nascita della Confederazione è per me motivo di grande orgoglio. Essere qui a Novazzano, un comune che ha scelto di invitarmi per parlare alla gente in una giornata tanto importante nonostante non sia uno dei suoi cittadini, ha una valenza doppia e aggiunge tanto ulteriore orgoglio ai sentimenti di fierezza e di responsabilità che oggi mi accompagnano. Provo e proverò sempre un affetto speciale per questo comune, alla luce delle radici della mia famiglia che sono legate alla zona Pobbia, dove 97 anni fa è nata mia nonna Erminia. Mia nonna da nubile portava un cognome che da queste parti è più che un pezzo di storia: Lurati. Lei e i suoi fratelli, Silvano e Enrico sono stati per mio padre esempi e portatori importanti di valori quali educazione, rispetto e unione.
A questo paese mi legano ricordi di un’infanzia felice. I momenti con mio papà che puntualmente la domenica mattina mi portava alla Garbinasca a vedere la squadra di calcio. Quelli con mia mamma che non mi ha mai fatto perdere una sola edizione del corteo domenicale del carnevale “zanzara”. Le passeggiate con mia sorella per vedere i cavalli su alla Pauzella. E ancora, gli incontri con la famiglia Ceribelli, veri amici d’infanzia.
Però, se penso a Novazzano, i miei ricordi non possono anche andare sempre al 27 settembre del 2009, uno dei giorni più belli della mia vita, l’ultimo giorno dei mondiali di ciclismo di Mendrisio. Una giornata di sole, piena di gente che proveniva da tutte le parti del mondo, tutti arrivati con il sorriso in volto e pronti a sostenere i propri beniamini. La mitica Torraccia era gremita di gente fin dalle prime ore del mattino, nel nucleo del paese si respirava un’aria di festa, regnava un sentimento di eccitazione. Ci sentivamo tutti padroni di casa in quello che in quel momento era il vero e proprio centro del mondo dello sport mondiale. Noi tutti eravamo vestiti con i colori della nostra bandiera rossocrociata per omaggiare e spingere Fabian Cancellara, eroe di casa e favoritissimo di giornata. 
Prima di quel giorno storico, avevo assistito a una decina di gare di ciclismo: fermo su un ciglio della strada vedevo sfrecciare per poche manciate di secondi ciclisti lanciati a velocità folle. Quel giorno, per contro, è stato molto diverso. Abbiamo visto per 19 volte questi atleti incredibili affrontare i 1750 metri di salita con sguardi sempre meno distesi. A ogni giro la tensione aumentava e il tifo si faceva sempre più intenso e caloroso. Alla fine non la spuntò l’eroe di casa Cancellara, bensì un australiano che da anni vive nella nostra regione, Cadel Evans. 
Ed è proprio in quelle ore che ho ricevuto una vera e propria lezione di vita, che approfittando di questa opportunità, voglia condividere con voi attraverso questo discorso. Per ottenere un risultato, per avere successo o semplicemente per riuscire a realizzarsi bisogna sapere faticare. O meglio, bisogna accettare la fatica, conoscerla, imparare a conviverci e far sì che questa diventi un punto di forza e non una sensazione di sfinimento mentale e fisico.
Se vogliamo vincere, come Cadel Evans riuscì a fare in quel lontano giorno di settembre, evitiamo di dare tutto per scontato. Non pensiate che le cose arrivino da sole, non lasciatevi andare alle prime difficoltà ma al contrario rimanete in piedi e abbiate il coraggio di fare fatica. Per avere successo bisogna convivere con il fatto che il percorso della nostra vita è fatto di pianure, di discese ma anche di tante salite, di vette e di montagne da scalare che a volte possono sembrare invalicabili. Sono e rimarrò convinto che quella gara non l’abbiano vinta i grandi favoriti, bensì chi conosceva al meglio quella salita e i suoi punti di fatica estrema. Ai miei giocatori parlo sempre di quale peso abbia, in campo, la parola sacrificio. Di quanto sia importante la voglia di fare un metro in più per aiutare un compagno in difficolta. Spiego loro quanto conti quello sforzo in più negli allenamenti per essere più pronti in partita, quella voglia di non mollare quando le energie ti stanno per abbandonare.
Ma parlo anche e soprattutto di altri sacrifici, quelli fuori dal campo. Insisto sull’importanza del nutrirsi in modo sano per recuperare al meglio, sulle ore di sonno necessarie a un riposo completo, Li invito a concedersi pochi eccessi, a non esagerare nelle feste con gli amici. Mi rendo conto di quanto sia difficile rinunciare a passare interi weekend con le proprie famiglie, a giocare con i propri figli.
Non è nemmeno ideale accontentarsi di parlare con i propri affetti tramite videochiamate nel corso delle nostre interminabili trasferte, ma è un passaggio obbligato al quale vanno preparati.
Devono essere i primi a essere convinti che senza questi sacrifici non potrebbero essere giocatori professionisti. Non nel mondo dello sport di oggi che ha esigenze sempre maggiori e pone gli atleti di fronte a impegni sempre più riavvicinati: Campionato, coppe nazionali, coppe europee, nazionali e chi più ne ha più ne metta.
Cinque anni fa allenavo il Mendrisio, pieno di entusiasmo e di orgoglio. Ero sicuro di poter fare qualcosa di importante ed ero molto sicuro di me. Dopo 2 mesi senza una vittoria venni giustamente esonerato. Fu una grande batosta che fece nascere in me una grande sentimento di frustrazione.
Ma è proprio in quei giorni da disoccupato che metaforicamente ho inforcato la mia bicicletta e ho iniziato a pedalare in salita, rimettendomi a studiare, rimettendomi a viaggiare per aggiornarmi, accettando ruoli non di prestigio, che però mi permettevano di riavvicinarmi al mio sogno. 
Adesso sono qui, non lontano da quella famosa salita, in preda alle emozioni. Dopo 2 anni vissuti sulla cresta dell’onda, dopo aver vissuto per ben 2 volte dal bordo del campo la finale di Coppa Svizzera davanti a migliaia di tifosi venuti a Berna per sostenerci. Credetemi, è una sensazione speciale. Come speciale, incredibile e indimenticabile è stata la sensazione all’ascolto, da cittadino svizzero, dal salmo nazionale nel Wankdorf gremito di gente. Oggi, davanti a tutti voi, come fu il caso lo scorso 4 giugno davanti ai tifosi giunti a Berna, mi sento particolarmente fiero di essere cittadino svizzero e di poter continuare a trasmettere i valori che hanno scritto la storia del nostro Paese. Solidarietà, democrazia, accoglienza, le nostre diversità…
Valori che ci rendono unici. Care cittadine e cari cittadini di Novazzano, grazie di cuore per avermi invitato e avermi permesso di trasmettere queste mie emozioni da questo palco.