Nelle affollate arene di
cemento caratteristiche dell’US Open a New York, si sono consumate numerose epiche
sfide, ma non tutte si sono giocate sul campo da gioco. Una di queste battaglie,
ora più attuale che mai, è stata la lotta per la parità salariale. Nel lontano
1972 la campionessa americana Billie Jean King mentre alzava il trofeo con la stessa
fierezza del vincitore del torneo maschile Ilie Năstase, si trovava davanti a
un’ingiustizia: il suo assegno era una frazione di quello che
veniva elargito al collega. Unita
alle sue compagne di sport, la tennista decise che l'anno seguente
non avrebbe calcato i campi se il montepremi non fosse stato lo
stesso per uomini e donne. La sua voce, ferma e incrollabile, non
cadde nel vuoto. Il 1973 segnò un nuovo capitolo nella storia degli
US Open: fu il primo anno dove il torneo stabilì premi equi sia per
le donne che per gli uomini. Billie Jean King non ha vinto solo con
la racchetta, ma ha raggiunto alte vette al di fuori del campo. In
un'epoca in cui pochi osavano sollevare questioni se erano ritenute
impopolari, lei ha camminato per la sua strada, sostenendo le sue
convinzioni con una determinazione inamovibile. Oggi, le tenniste non
solo portano avanti la sua eredità, ma trovano un pubblico che
ascolta. Persino Michelle Obama, ex first lady, ha speso parole di
riconoscenza, durante la serata inaugurale ha celebrato non solo
l'aspetto sportivo, ma ha rammentato la storica conquista. Un
doveroso e opportuno omaggio al cinquantesimo anniversario
dell'uguaglianza dei premi agli US Open. E il nome di Billie Jean
King risuona come una nota di speranza. La sua storia ha dimostrato
che una singola voce, può diventare un coro, i mutamenti sono
possibili e la lotta per la parità è una partita in cui non ci si
deve arrendere, mai.
Tennis
La rivoluzione femminile cominciò allo US Open
La celebrazione di una storica conquista, il ricordo dell'esempio di una grande campionessa