Alla
fine, le dichiarazioni di Sherdan Shaqiri si sono rivelate
improvvide: per esultare si deve prima segnare, come noto. E il
giocatore dei Chicago Fire, con quel livello di prestazione, non lo
avrebbe fatto neppure se la partita fosse durata sino a domenica
mattina. Dopodiché, va detto che, a questo giro, non ci sono state
reazioni troppo accorate alle sue parole: del resto, come noto, la
Svizzera è terra d'integrazione, e non di assimilazione. E
l'immigrazione, nella Confederazione, è sempre stata gestita con la
strategia tipica di tutti i paesi dell'area germanica, vale a dire
quella di considerare gli immigrati dall'estero come gastarbeiter:
normale, quindi, che il giocatore, come tanti altri connazionali (e
non solo), abbia mantenuto un forte legame con la propria patria
d'origine, al netto delle problematiche belliche (anche recenti) che
hanno attraversato il Kosovo, paese dove la Storia si sta ancora
scrivendo, a differenza di ciò che pensavamo noi rispetto alle
nostre latitudini, dove si viveva nella convinzione che la Medesima
fosse invece finita, perlomeno per ciò che ci riguardava. Dopodiché,
il ragionamento, con l'ovvio corollario della riconoscenza dovuta al
Paese che gli ha permesso di affermarsi come calciatore
professionista, ci porterebbe lontano: ma questa è un'altra
questione, e noi oggi parleremo di calcio. Lo avevamo già detto dopo
il pareggio con la Romania, giunto al termine di una partita dominata
in lungo e in largo: c'è un problema di concentrazione. Al netto del
fatto che siamo in un momento di cambio generazionale, i giocatori in
campo ieri, titolari e sostituti, hanno offerto in passato, in maglia
rossocrociata e con i propri club, prestazioni di ottimo livello.
Bisogna anche ribadire che, nonostante una partita deludente, a pochi
istanti dal termine il risultato sorrideva ancora alla Svizzera.
Ecco, sotto questo aspetto è mancato quel cinismo che è
indispensabile a questi livelli: anche nelle serate storte, contro
avversari inferiori, se a 10' dal termine sei in vantaggio, il
risultato va portato a casa. Senza se e senza ma. E se è vero che
una volta può accadere, alla seconda bisogna iniziare a porsi delle
domande. E darsi delle risposte, alla svelta. Perché le parole di
Granit Xhaka, al netto della sua prestazione piuttosto deludente, non
possono essere derubricate come semplice sfogo a caldo a fine
partita, soprattutto se pensiamo agli esiti degli ultimi due
incontri. Giustamente, nella mattinata di domenica, Pier Tami, uomo
di calcio di grande esperienza, come ci ha riferito Max Solari sul
Corriere del Ticino, ha cercato di metterci una pezza: ci sta, è
logico e giusto. Il dirigente ha, come primo compito, quello di
recuperare l'ambiente e, soprattutto, di ribadire le gerarchie
all'interno dello spogliatoio. Tra l'altro, l'ex tecnico di GCZ e
Lugano ha usato gli stessi argomenti del tifoso: dopo una prestazione
sottotono, bisognerebbe fare autocritica, anziché prendersela col
selezionatore. Le reazioni sui social, infatti, vanno quasi tutte in
quella direzione. Ma al coordinatore delle selezioni, uomo di calcio
non banale, non sarà senz'altro sfuggito l'atteggiamento mentale
della squadra scesa in campo a Pristina. E lì, Murat Yakin, qualche
responsabilità, ce l'ha. Si può senz'altro dire che lo sfogo del
capitano sia stato sbagliato nei tempi e nei modi: siamo d'accordo.
Però, la sensazione è che lo spogliatoio, in parte almeno, stia con
il capitano. I meriti dell'allenatore, i risultati raggiunti sinora
(perlomeno prima di questo appannamento delle ultime gare, fermo
restando che la Svizzera è ancora pienamente padrona del proprio
destino in questo girone di qualificazione) sono concreti. Tuttavia,
la sensazione è che il tecnico ex Basilea non riesca, in questo
momento, a far passare il proprio messaggio. L'unico giocatore sceso
in campo ieri con la giusta concentrazione è stato Remo Freuler: ma
più per una propria convinzione personale, derivata dall'essere
tornato a giocare in Italia, in una realtà dove si è affermato, e
che conosce benissimo. E la sua prestazione, in una stagione dove non
aveva ancora giocato un minuto di partita vera, dimostra ancora una
volta come la testa, nei giocatori di calcio ( e non solo) faccia la
differenza. Peccato che Murat Yakin, difficilmente, potrebbe
appuntarsi la prestazione del neo giocatore del Bologna come un
successo personale. In definitiva, non è un bel momento. In
settimana arriverà la partita contro Andorra a Sion: sulla carta,
tre punti facili. Ma servirà una gara attenta, concentrazione e
attenzione da parte di tutti. Pier Tami ha invitato tutti a non
creare un caso Xhaka o Yakin: ci sta. Ma una prestazione sottotono o,
peggio ancora, una non vittoria a Sion aprirebbero invece un caso
Svizzera. Meglio non pensarci, e sperare che l'ambiente ritrovi la
serenità auspicata.
Calcio

Svizzera, manca la concentrazione
L'ambiente rossocrociato avrebbe bisogno di serenità