C’è l’insegna del caffè zapatero, che è buono e se chiedi un
espresso arriva un espresso serio, non una borlanda teutonica. Poi c’è un tizio
che si esalta al gol dell’Arminia Bielefeld e corre davanti alla tele che sta
di fianco allo spaccio, ma si accascia quasi subito con un doloroso “Nai”, i
biancorossi di Essen pareggiano e poi festeggiano alla grande ed è inutile
sapere perché, misteri tedeschi. Dal gigantesco ombrellone rosso pendono sogni
come da un cielo e alla bacheca c’è scritto: Friede Freiheit Fussball (e forse
qualche effe manca ancora). C’è la prima canzone dagli altoparlanti, è Johnny
Cash e poco dopo arriva anche John Lennon. L’ambiente è questo e la
Schützenwiese sotto la pioggia dritta e fredda di novembre è un altro mondo,
possibile tra l’altro. Arriveranno prima o poi i soloni a rompere con la
necessità delle linee obitoriali e lo “state tutti seduti!”, ma speriamo che
qua resistano almeno quanto il subcomandante Marcos.
Che poi la partita va così, Winterthur e Young Boys partono a tutto gas, opzione passaggino non contemplata, astenersi perditempo che piove e noi s’ha da fare. Finisce con un quattro a uno per i campioni ospiti, ma i generosi di casa accolgono applausi e canti. Abbastanza curioso, e non per fare il patriota applicato allo sport, che i Leoni titolari sono tutti svizzeri, un evento da sottolineare nel mondo che sappiamo essere uno scambio di figurine e le doppie al macero.
Ah, a proposito di figurine d’epoca autarchiche: il Bellinzona che nel 1981 venne promosso in DivNazA era tutto di giocatori ticinesi (la squadra dei maestri, ma di scuola). Dal mercato giunse un solo rinforzo straniero, Roland Weidle, tedesco dell’Arminia Bielefeld, appunto: praticava interventi in scivolata da tregenda, un po’ come alla Schützenwiese proletaria e rebeldìa come il suo caffè.
Tutto torna. Ci sono ancora posti seri.
Che poi la partita va così, Winterthur e Young Boys partono a tutto gas, opzione passaggino non contemplata, astenersi perditempo che piove e noi s’ha da fare. Finisce con un quattro a uno per i campioni ospiti, ma i generosi di casa accolgono applausi e canti. Abbastanza curioso, e non per fare il patriota applicato allo sport, che i Leoni titolari sono tutti svizzeri, un evento da sottolineare nel mondo che sappiamo essere uno scambio di figurine e le doppie al macero.
Ah, a proposito di figurine d’epoca autarchiche: il Bellinzona che nel 1981 venne promosso in DivNazA era tutto di giocatori ticinesi (la squadra dei maestri, ma di scuola). Dal mercato giunse un solo rinforzo straniero, Roland Weidle, tedesco dell’Arminia Bielefeld, appunto: praticava interventi in scivolata da tregenda, un po’ come alla Schützenwiese proletaria e rebeldìa come il suo caffè.
Tutto torna. Ci sono ancora posti seri.