Educato, cortese,
disponibile. Armando Moro, persona dall’animo nobile, per tanti anni è stato il
nostro punto di riferimento del Football Club Lugano di cui è stato a lungo dirigente
(vicepresidente negli anni della presidenza di Giangiorgio Spiess) e presidente
nella stagione 1979/80. Gentile, sempre ben disposto con i giornalisti anche
nelle annate dell’altalena con la retrocessione nel 1976, la risalita in A
quando era alla presidenza (o ci stava andando) seguita da un’ulteriore caduta
in cadetteria. Lo sport, nel caso specifico il calcio, per lui era vincente in
quanto pulito. Bisognava lavorare duro – usava sottolineare – sacrificando tante
ore del tempo libero che non bastava mai. Immancabile la sua partecipazione
agli allenamenti allo stadio e alle partite (si era adoperato anche come
speaker di Cornaredo), come pure la sua presenza ai vari Tornei giovanili che
tenevano banco nel Sotto e nel Sopraceneri. Faceva capire ai giovani (cui la
società dava ampio spazio) quanto fosse fondamentale la disciplina e importante
il piacere di giocare divertendosi. Non a caso sottolineava il grande lavoro
svolto nel Settore giovanile da Bruno Quadri, che considerava un “maestro” nel
fare crescere e maturare i ragazzi. Già allora Armando Moro aveva capito che si
facevano tante chiacchiere inutili e che il FC Ticino sarebbe stato un dialogo
fra sordi. La sua scomparsa, avvenuta nel dicembre 2013, aveva suscitato grande
commozione in città dove era molto conosciuto e affermato anche fuori
dall’ambito sportivo (come dirigente del Banco di Roma e ‘paladino’
dell’Ospedale Italiano). Lo ricordiamo a distanza di dieci anni nei pensieri e
nell’immagine di una persona cordiale e gentile di cui abbiamo potuto
testimoniare a lungo, attraverso le colonne del GdP, il suo spirito di
abnegazione e la sua signorilità. Sì, Armando Moro era il presidente che
‘viveva’ il FC Lugano. Sempre con il sorriso sulle labbra.
(Nella foto Armando Moro,
a sinistra, in occasione di un’assemblea del FC Lugano)