OFFSIDE
Il campione "odiato" che fa la storia
Novak Djokovic ha vinto anche a Torino: a 36 anni è ancora il più forte di tutti
Pubblicato il 21.11.2023 09:35
di L.S.
Ha vinto ancora, con una facilità disarmante. Ha messo sotto, senza troppo penare, un ragazzo che ha fatto (re)innamorare l’Italia del tennis, quel Sinner che tutti vedono come un possibile futuro numero uno.
Lui è Novak Djokovic, 36 anni, giocatore e persona non proprio amatissima per il suo modo di fare (o di essere) e per le sue idee ai tempi del covid. Uno che in campo ogni tanto ha atteggiamenti che possono infastidire, una persona non proprio morbidissima e che non sembra incline ai compromessi.
Uno che è sempre andato avanti per la sua strada, il superstite (in attesa di un rientro di Nadal) del trio delle meraviglie completato da Federer, uno che sta stracciando qualsiasi record.
Basta leggere i commenti dopo la vittoria di Torino, alle ATP finals, per capire com’è visto il serbo: “È un grande campione, forse il più grande, ma non sarà mai il mio preferito”.
Frasi come queste sono la stragrande maggioranza.
Si riconosce il campione, quello vero, quello che in campo sa coniugare talento e forza mentale, forse come nessun altro. Ma non lo si ama. Difficile che il tifoso si identifichi. Più facile che idealizzi il “perfetto” Federer, che non ha mai avuto una parola fuori posto ed è stato sempre l’emblema del politically correct.
Novak non vuole piacere a tutti i costi e forse tira fuori l’adrelina indispensabile proprio da questo suo comportamento. Lui contro tutti, il campione “odiato” che gode nel far tacere gli altri. C’è chi ha bisogno di avere tutti contro per rendere di più.
È il prototipo dell’atleta perfetto, che si cura in maniera maniacale e che non lascia nulla al caso. Vuole andare avanti ancora, non ha mai parlato di voler smettere e nessuno sembra avere il coraggio di chiedergli quando smetterà. Forse si ha paura della sua risposta. Chissà.
Fuori dal campo, nelle interviste, emergono in maniera quasi sorprendente una buona dose delicatezza e tanto fair play, soprattutto nei confronti degli avversari, che lo rispettano. Molto di più dei tifosi. Loro capiscono cosa rappresenti un campione del genere.
Chi ama il tennis, vorrebbe che giocatori così non smettessero mai. L’addio di Federer fu doloroso, così come lo sarà il suo o quello di Nadal.
L’epica si alimenta di pari passo con i trofei. È il bello dello sport, che non finisce mai di regalarci dei “miti”. Ci sono esempi che sono destinati a durare nel tempo. Forse per sempre. E Djokovic è uno di questi. Che piaccia o no. Che si faccia il tifo per lui o no.
(Foto Keystone/Calanni)