L'Argentina
prolunga la crisi del Brasile, batte, fuori casa, il suo eterno
rivale. La Selecao incassa la sua terza sconfitta consecutiva. E la
partita passerà alla storia e non per la vittoria dell'Albiceleste.
È l'ennesima sconfitta del calcio a causa di quello che è successo
sugli spalti. Non si sarebbe dovuto giocare. La rivalità ha
oltrepassato, ancora una volta, il limite. Il Maracanà
era strapieno, numerosi i giovani che erano andati allo stadio per assistere a
uno scontro che si annunciava emozionante. Invece una parte degli
spettatori, che non possono essere chiamati tifosi, ha deciso
altrimenti. La tensione è divenuta subito padrona del campo, falli e
cartellini non sono mancati. Nessun tiro in porta e il proverbiale
virtuosismo sudamericano è stato sostituito da un continuo scontro campale
sul terreno di gioco. Messi ha subito un infortunio muscolare,
la pulce ha deciso che doveva resistere, è rimasto in campo
nonostante le precarie condizioni fisiche. Ha vinto l'Argentina,
grazie a un gol del difensore Otamendi. La rete è giunta nel secondo
tempo. E poi il resto. O meglio è necessario riavvolgere il nastro.
Tutto è cominciato dopo l'esecuzione degli inni nazionali. Una rissa
tra brasiliani e argentini ha costretto l'arbitro a rimandare di
quasi mezz'ora il fischio d'inizio. I giocatori argentini si sono
avvicinati agli spalti per calmare gli animi. Ma niente: è
intervenuta la polizia. Vista la situazione Messi ha ordinato ai suoi
compagni di lasciare il campo. Secondo alcuni media argentini il
campione ha inteso protestare per la durezza delle forze dell'ordine
nei confronti dei tifosi ospiti. Fermi, invece, i giocatori
brasiliani. Nelle tribune si è visto di tutto: corse per scappare;
scontri fisici virulenti; seggiolini che volavano. Messi si è fatto
sentire con un messaggio: “Una grande vittoria al Maracanà,
anche se sarà segnata dalla repressione contro gli argentini ancora
una volta in Brasile. Questo non può essere tollerato, è una follia
e deve finire subito”.
(Foto Keystone)