Diego
Pablo Simeone siede sulla panchina dell'Atletico dal 2011. Un legame
con la squadra di Madrid che è saldo e non conosce crisi.
L'argentino ha detto no alla proposta arrivata dall'Arabia, l'Al-Ahli
gli aveva offerto un contratto annuo da 40 milioni, ha rifiutato e
senza esitazioni. I soldi non lo hanno tentato, troppo forte il
rapporto con i “colchoneros”. Diego Pablo Simeone era un
centrocampista “speciale”, la mediana era il suo territorio
esistenziale. La sua faccia lasciava trasparire malinconia e
tristezza, non di quelle che inibiscono, ma quelle che promettono:
lui sul campo avrebbe giocato fino all'ultimo, come se non ci fossero
altre partite da disputare. Testa sempre altra, fierezza e orgoglio
contro ogni avversario. Poi è arrivata la carriera da allenatore. La
sua dimensione l'ha trovata in Spagna. Sempre vestito di nero. Il
colore, in generale, esprime un pensiero, dietro c'è un'idea. Il
nero è considerato come l'insieme di tutti i colori. È profondità
e contrasto. Rimanda all'oscurità. Incita all'opposizione e alla
protesta. E nacque il “cholismo”. Non inganni l'ismo. Si tratta
di una forma di ribellione popolare. L'obiettivo è abbattere
l'ordine costituito specie quando è forte e potente. El Cholo sta
per sedersi al tavolo delle leggende. A Rotterdam il suo Atletico
sfiderà, stasera, il Feyenoord e l'argentino diventerà il terzo
allenatore della storia a raggiungere le 100
partite in Champions League,
come Ferguson, come Wenger. Tecnici come Guardiola, Klopp o Ancelotti
ancora non hanno tagliato questo prestigioso e incredibile traguardo.
I numeri riportano: 47 vittorie; 27 pareggi; 25 sconfitte; 135 gol
segnati e 89 subiti. Due le finali giocate. Simeone nella sua
carriera, a livello europeo, ha vinto: due Europa League; due
Supercoppe Europee. Simeone, con quella faccia un po' così,
quell'espressione un po' così, è il ritratto di un calcio antico
che resiste e diventa testimonianza.
(Foto Keystone/Aragon)