Detto dello stadio nuovo che
tanto presto non vedremo sorgere (nonostante sia diventata una necessità visto
che in tanti anni si è lasciato ‘invecchiare’ senza alcuna ‘prestazione’ di
rilievo da parte della città salvo per l’atletica), un altro importante tema in
casa ACB è quello dell’assenteismo di pubblico che in questo scorcio di
stagione è andato accentuandosi, fatta eccezione della gara di coppa con lo
Zurigo che ha fatto registrare una buona affluenza pur tenendo conto che almeno
600 dei duemila presenti venivano dalla città della Limmat.
A Bellinzona si insiste nel
ricordare il grande concorso di pubblico all’epoca di Paulo Cesar e Mario
Sergio e quello del derby col Lugano che aveva attirato al Comunale 17 mila
spettatori. Ci si dimentica però che anche in passato, in tempi indubbiamente
migliori di quelli attuali, di gente alle partite ce n’era molto di meno. Il
malcontento era palese, sia a livello di dirigenti che di staff e giocatori. A
un incontro di cartello tra i granata, allenati da Velibor Vasovic (il tecnico
serbo è venuto a mancare ventun anni fa all’età di 62) e l’URSS (eravamo agli
sgoccioli degli anni Ottanta) assistettero solamente 2000 spettatori (se ne
attendevano 7-8 mila). Il presidente Carlo ‘Lalo’ Delcò aveva manifestato
apertamente, proprio dalle colonne de ‘L’Eco dello Sport’, il suo disappunto: “Siamo
delusi, ci domandiamo se vale ancora la pena organizzare avvenimenti di questa
portata nella nostra città” (cfr. ‘Eco dello Sport’ del 21 febbraio 1989).
Già Henri Dépireux (scomparso appena un anno fa, ricordiamoli questi
‘personaggi’: non hanno avuto molta fortuna all’ombra dei tre castelli,
qualcuno di loro è anche stato trattato male) aveva auspicato “un maggior
attaccamento alla squadra” facendo notare che “bastano un paio di sconfitte
perché la gente rinneghi ciò che prima ha adorato”. Si era lamentato anche
Roberto Fregno, giocatore all’epoca di Peter Pazmandy (è bene rammentarsi anche
del mister ginevrino, sono trascorsi 11 anni dalla sua morte): “A Bellinzona
– aveva dichiarato Roby a un giornale - non c’è quel tifo che ti dà la
spinta quando la squadra è in difficoltà. Il pubblico si esalta solo quando
passiamo in vantaggio. Quando giocavo nel San Gallo i tifosi ci portavano ai
sette cieli anche se perdevamo”.
Ma è proprio così? Gabriel
Marchand, giocatore di San Gallo, Grasshopper e Losanna, era di tutt’altra
idea: “Quando scendevo con il GC al Comunale mi ricordo di un pubblico che
primeggiava permettendo al Bellinzona, in quegli anni non così forte come ora
(1989), di battersi ad armi pari contro qualsiasi avversario. Ammetto che ci
trovavamo spesso a disagio dinnanzi a una platea così calda. È molto positivo
il fatto che a Bellinzona ci sia un tifo tanto caloroso. All’Hardturm pur
essendo primi in classifica avevamo sempre l’impressione di un pubblico
annoiato ed assente”.
Quei pochi (nemmeno un
migliaio) che seguono attualmente il Bellinzona di certo non si annoiano. Ma il
‘tifo’, quello che scandisce ‘Hop ACB’ o ‘Bel-lin-zo-na’ stenta a manifestarsi.
Perché?
Sono passati tanti anni, sono
cambiati tanti giocatori, tanti dirigenti, tanti allenatori (figuriamoci…). Scrivevamo:
“I tifosi sono rimasti affettuosamente vicini alla squadra del cuore. Ad
animare gli spalti dello stadio della Capitale – spalti che speriamo di poter
presto salutare in una nuova veste perché ci sembra opportuno che agli
spettatori sia data la possibilità di seguire le partite più comodamente anche
standosene in piedi – c’è il ‘Granata-Club’ (forte di ben 1000 soci), una
‘vera’ équipe di amici dell’AC Bellinzona”. Sono annotazioni di quasi 40
anni fa!
‘Amici del Bellinzona’ era
diventato lo sponsor ufficiale della squadra sull’onda della promozione in Lega
nazionale A. Un’iniziativa che riscosse grande successo anche fuori dagli ambienti
sportivi cittadini. Al punto da essere ripresa anni dopo in grande stile dalla
società permettendo ai tifosi di diventare addirittura ‘azionari dell’ACB’. A
conferma – veniva evidenziato – del “tangibile affetto che lega i suoi
sostenitori ai colori granata”.
Altri tempi, si dirà. Questo
‘disamore’ oggi sarebbe causato, così dicono i più, dalla mancanza di ‘forze’
locali (non solo sul campo), altro ‘argomento’ di stretta attualità. Nel bel
libro di Giorgio Cesarini ‘Cuore granata’, edito da Salvioni SA, estrapoliamo
questo ‘luminoso’ messaggio: “Bastano un paio di acquisti azzeccati, un
derby con i cugini bianconeri ed ecco gli spalti riempirsi di migliaia e
migliaia di spettatori pronti a urlare ‘goal’…”.
Già, acquisti azzeccati e derby
(quello classico) col Lugano. Questi ‘pensieri’ i tifosi se li stanno facendo
da un po’…
(Foto Eco dello sport)