CALCIO
C’era una volta il 12° uomo
Quando gli spalti del Comunale erano gremiti all’inverosimile. Ma non sempre…
Pubblicato il 04.12.2023 09:37
di Enrico Lafranchi
Detto dello stadio nuovo che tanto presto non vedremo sorgere (nonostante sia diventata una necessità visto che in tanti anni si è lasciato ‘invecchiare’ senza alcuna ‘prestazione’ di rilievo da parte della città salvo per l’atletica), un altro importante tema in casa ACB è quello dell’assenteismo di pubblico che in questo scorcio di stagione è andato accentuandosi, fatta eccezione della gara di coppa con lo Zurigo che ha fatto registrare una buona affluenza pur tenendo conto che almeno 600 dei duemila presenti venivano dalla città della Limmat.
A Bellinzona si insiste nel ricordare il grande concorso di pubblico all’epoca di Paulo Cesar e Mario Sergio e quello del derby col Lugano che aveva attirato al Comunale 17 mila spettatori. Ci si dimentica però che anche in passato, in tempi indubbiamente migliori di quelli attuali, di gente alle partite ce n’era molto di meno. Il malcontento era palese, sia a livello di dirigenti che di staff e giocatori. A un incontro di cartello tra i granata, allenati da Velibor Vasovic (il tecnico serbo è venuto a mancare ventun anni fa all’età di 62) e l’URSS (eravamo agli sgoccioli degli anni Ottanta) assistettero solamente 2000 spettatori (se ne attendevano 7-8 mila). Il presidente Carlo ‘Lalo’ Delcò aveva manifestato apertamente, proprio dalle colonne de ‘L’Eco dello Sport’, il suo disappunto: “Siamo delusi, ci domandiamo se vale ancora la pena organizzare avvenimenti di questa portata nella nostra città” (cfr. ‘Eco dello Sport’ del 21 febbraio 1989). Già Henri Dépireux (scomparso appena un anno fa, ricordiamoli questi ‘personaggi’: non hanno avuto molta fortuna all’ombra dei tre castelli, qualcuno di loro è anche stato trattato male) aveva auspicato “un maggior attaccamento alla squadra” facendo notare che “bastano un paio di sconfitte perché la gente rinneghi ciò che prima ha adorato”. Si era lamentato anche Roberto Fregno, giocatore all’epoca di Peter Pazmandy (è bene rammentarsi anche del mister ginevrino, sono trascorsi 11 anni dalla sua morte): “A Bellinzona – aveva dichiarato Roby a un giornale - non c’è quel tifo che ti dà la spinta quando la squadra è in difficoltà. Il pubblico si esalta solo quando passiamo in vantaggio. Quando giocavo nel San Gallo i tifosi ci portavano ai sette cieli anche se perdevamo”.
Ma è proprio così? Gabriel Marchand, giocatore di San Gallo, Grasshopper e Losanna, era di tutt’altra idea: “Quando scendevo con il GC al Comunale mi ricordo di un pubblico che primeggiava permettendo al Bellinzona, in quegli anni non così forte come ora (1989), di battersi ad armi pari contro qualsiasi avversario. Ammetto che ci trovavamo spesso a disagio dinnanzi a una platea così calda. È molto positivo il fatto che a Bellinzona ci sia un tifo tanto caloroso. All’Hardturm pur essendo primi in classifica avevamo sempre l’impressione di un pubblico annoiato ed assente”.
Quei pochi (nemmeno un migliaio) che seguono attualmente il Bellinzona di certo non si annoiano. Ma il ‘tifo’, quello che scandisce ‘Hop ACB’ o ‘Bel-lin-zo-na’ stenta a manifestarsi. Perché?
Sono passati tanti anni, sono cambiati tanti giocatori, tanti dirigenti, tanti allenatori (figuriamoci…). Scrivevamo: “I tifosi sono rimasti affettuosamente vicini alla squadra del cuore. Ad animare gli spalti dello stadio della Capitale – spalti che speriamo di poter presto salutare in una nuova veste perché ci sembra opportuno che agli spettatori sia data la possibilità di seguire le partite più comodamente anche standosene in piedi – c’è il ‘Granata-Club’ (forte di ben 1000 soci), una ‘vera’ équipe di amici dell’AC Bellinzona”. Sono annotazioni di quasi 40 anni fa!
‘Amici del Bellinzona’ era diventato lo sponsor ufficiale della squadra sull’onda della promozione in Lega nazionale A. Un’iniziativa che riscosse grande successo anche fuori dagli ambienti sportivi cittadini. Al punto da essere ripresa anni dopo in grande stile dalla società permettendo ai tifosi di diventare addirittura ‘azionari dell’ACB’. A conferma – veniva evidenziato – del “tangibile affetto che lega i suoi sostenitori ai colori granata”.
Altri tempi, si dirà. Questo ‘disamore’ oggi sarebbe causato, così dicono i più, dalla mancanza di ‘forze’ locali (non solo sul campo), altro ‘argomento’ di stretta attualità. Nel bel libro di Giorgio Cesarini ‘Cuore granata’, edito da Salvioni SA, estrapoliamo questo ‘luminoso’ messaggio: “Bastano un paio di acquisti azzeccati, un derby con i cugini bianconeri ed ecco gli spalti riempirsi di migliaia e migliaia di spettatori pronti a urlare ‘goal’…”.
Già, acquisti azzeccati e derby (quello classico) col Lugano. Questi ‘pensieri’ i tifosi se li stanno facendo da un po’…
(Foto Eco dello sport)