CALCIO
Chi ha capito Renato Steffen?
Il nazionale non riesce a mettere tutti d'accordo, ma intanto è un giocatore decisivo
Pubblicato il 11.12.2023 17:48
di Silvano Pulga
Renato Steffen è, sicuramente, un giocatore sul quale non è facile trovarsi tutti d'accordo. Abbiamo sempre sostenuto che, se dovessimo chiedere un parere su di lui a sei tifosi in fila alla cassa della buvette di Cornaredo, ne riceveremmo sette difformi. Perché uno di quelli ai quali lo abbiamo domandato prima dell'ultimo, nel frattempo, avrebbe cambiato idea. E non è stato un caso che ieri, dopo averci visto mentre lo intervistavamo, in compagnia di altri colleghi, nella zona mista di Cornaredo, Carlos da Silva, ascoltato poco dopo, ci abbia detto con fare sornione che, forse, non siamo riusciti ancora a capirlo realmente. Chissà.
Il numero 11 del Lugano, dopo oltre un anno di permanenza in Ticino, parla ancora solo in tedesco. Ma ci piace pensare che lo faccia solo con noi della stampa: un chiaro modo per non essere frainteso. L'attaccante argoviese non è mai banale, del resto (quando parla, se ne parla: e scusate il gioco di parole): meglio farlo in lingua madre, a questo punto. Qualcuno in ascolto potrebbe non capire qualche sfumatura, magari: ma tutti quanti è difficile, francamente. Ed è una vecchia regola della diplomazia usare l'idioma nativo, quando si devono dire cose importanti, anche se si conosce quello dell'interlocutore: esistono gli interpreti per questo motivo, in fondo.
Renato Steffen è un leader, ed è venuto in Ticino con questa ambizione. Ha trovato uno spogliatoio che più latino non si può, comandato da un ticinese in panchina, un altro in campo e da un uruguagio, dove la lingua franca non è la sua. Poco male probabilmente, secondo la sua logica: lui ci è entrato forte della sua carriera, con un passaggio in Bundesliga, dei titoli vinti in Svizzera, del posto di titolare nella Nati. E domenica pomeriggio, in un tedesco comprensibile anche a chi fatica a comprendere i dialetti della Svizzera interna come noi (col supporto di nostra figlia, nata in Baviera...), ci ha spiegato cosa vuole dalla squadra e, soprattutto, da sé stesso. E, forse, quest'ultimo aspetto, l'autocritica insomma, non era del tutto scontato per tutti. Carlos da Silva, uomo di campo, questo voleva dirci, probabilmente.
Renato Steffen, insomma, è capace di puntare il dito anche contro sé stesso. Da leader, chiede ai compagni, soprattutto a quelli più giovani e meno esperti, di metterci la testa, perché il calcio non è fatto solo di corsa, palleggi e contrasti. Certo, tanti impegni ravvicinati stancano, e a volte c'è bisogno di una pausa. Ne hanno bisogno gli altri, serve anche a lui: l'importante, però, sono l'impegno e la giusta concentrazione. Dopodiché, le cose possono andare bene o male, fa parte della legge del calcio. Si deve sempre cercare di migliorarsi: e il lavoro quotidiano è il mezzo per farlo. E di questo, tutti sono consapevoli. Gli errori fanno parte del gioco, ovviamente: però, sullo sfondo, deve esserci sempre l'idea dell'allenamento come mezzo per ridurli, e per crescere, individualmente e come squadra. Non proprio parole banali e, soprattutto, nessuna accusa, come forse ci si sarebbe aspettati dopo la sconfitta col Basilea mercoledì, e la sua fuga davanti ai microfoni. 
Carlos da Silva, come abbiamo già scritto in un altro pezzo, resta convinto che la squadra abbia i mezzi per sopportare certe pressioni. Vero, la campagna europea è ormai agli sgoccioli: ma questa squadra, giovedì sera, avrà disputato otto incontri internazionali, misurandosi contro squadre di buon livello, su palcoscenici importanti. Il gruppo è ben lungi dall'aver terminato il proprio percorso di crescita: ma Joe Mansueto, quando è venuto in Ticino, come ricordiamo, ha fatto capire a tutti che, negli USA, hanno orizzonti temporali differenti, che vanno oltre la prima parte di una stagione. E, del resto, questo Lugano, magari incerottato e affaticato, ha la possibilità di chiudere la prima parte dell'annata con un discreto piazzamento in classifica, un quarto di coppa conquistato, e la conseguente prospettiva di una primavera interessante. Non male, e in linea con i desideri della dirigenza. Anche se, magari, qualche punto manca. Ma fa parte dei un certo tipo di percorso anche perderne qualcuno per strada, in fondo. 
(Foto Keystone/Crinari)