CALCIO
"Il Sabba day? Mi vien da ridere..."
Il CEO del FC Lugano Martin Blaser parla del momento attuale del club: dentro e fuori dal campo
Pubblicato il 13.12.2023 09:21
di Red.
A due partite dalla fine del 2023 (domani contro il Besiktas e domenica a Ginevra contro il Servette) il Corriere del Ticino ha intervistato il CEO dell’FC Lugano Martin Blaser, che traccia un bilancio della prima parte della stagione.  
Si inizia da un primo bilancio, con delle doverose precisazioni:
«La SA del FC Lugano poggia su tre dipartimenti, val la pena ricordarli: Sports, Finance e Commercial. In quest’ultimo, in qualità di responsabile, il mio coinvolgimento è maggiore. Il ds Carlos Da Silva e il tecnico Mattia Croci- Torti sono invece in prima linea sul piano sportivo. L’analisi di dettaglio spetta a loro. Ma anche per il sottoscritto continuano a fare testo gli obiettivi fissati quest’estate».
Quegli obiettivi di cui si parla spesso:
"Come volevamo, siamo in corsa per la finale della Coppa Svizzera, con l’obiettivo di cercare di vincerla di nuovo. In Super League continuiamo a puntare ai primi tre posti; non farlo dopo il 3. rango dell’ultima stagione sarebbe suonato strano. Noto che undici mesi fa regnava grande entusiasmo per i risultati raggiunti; oggi invece percepisco un’eccessiva negatività. Benché le situazioni siano molto simili».
Domani, intanto, verrà messa la parola fine all'avventura europea. Obiettivo fallito, dunque? Blaser precisa:
«Qui forse il messaggio del club non è stato compreso al 100%. Naturalmente, la squadra è scesa in campo per vincere tutte le partite. Lo ha però fatto in un gruppo ostico e - soprattutto - in condizioni non ottimali. Penso ai lunghi viaggi, ai ritorni in Ticino in piena notte. Senza dimenticare le trasferte a Zurigo anche per le gare casalinghe. Alibi e scuse non fanno parte del mio DNA. E nemmeno di quello di Da Silva e Croci-Torti. Però, a un certo punto, bisogna accettare e riconoscere che le citate condizioni erano sfavorevoli".
Battere il Besiktas vorrebbe dire incassare altri 500.000 euro:
«Sarebbe importante vincere per il coefficiente UEFA dei club svizzeri. La società e la prima squadra hanno poi trovato un accordo circa i bonus e i premi previsti dalla competizione. In caso di 3 punti una parte dell’incasso verrebbe destinata ai premi corrisposti a giocatori e staff. Tradotto: commercialmente, un successo non cambierebbe la nostra vita. E questo sarà un tema anche per le prossime due stagioni. Vorrei infatti far capire all’opinione pubblica quanto - oggettivamente - è vantaggioso giocare in Europa. Tra affitto del Letzigrund (il più basso nella storia del club) e costi per la polizia zurighese (comunque molto onerosi) vengono spesi tra 200 e 300.000 franchi a partita. Uscite alle quali vanno aggiunte molte altre spese, su tutti i costi relativi all’attività della prima squadra».
A proposito di introiti, l'ambito commerciale non è ancora decollato e Blaser ne è cosciente:
«Non posso ritenermi pienamente contento. Anzi, il mio coinvolgimento è tale da spingermi a dire che forse non si sono fatti passi in avanti. Al netto della percezione esterna, e ragionando sul lungo termine, vorrei più qualità. E maggiore autocritica. Martin Blaser, invece, deve fare troppe volte il cattivo. O intervenire per sistemare ciò che non funziona. Insomma, non siamo ancora così bravi come pensiamo di esserlo ».
Sponsor e bilanci, le preoccupazioni restano:
"In due anni  abbiamo ricavato circa 1,2 milioni aggiuntivi dagli sponsor. La direzione è giusta, ma le difficoltà permangono. Soprattutto sul mercato ticinese, la nostra priorità, dove si fatica a fare il passo in più. Pochi accettano di compiere uno sforzo oggi - con un prodotto che non è obiettivamente funzionale in termini commerciali - in vista dei benefici di domani. Guardare al resto della Svizzera diventa dunque indispensabile e inevitabile".
Come si sa, le AIL di Lugano decideranno il nome del nuovo stadio:
«Una prima tavola rotonda in merito allo sviluppo del marchio è in agenda il 12 gennaio».
E sulle maglie, a quel punto chi farà lo sponsor?
«Questa è la vera sfida. I lavori sono iniziati lo scorso ottobre. Parliamo di 495.000 franchi di sponsorizzazione dal 1. luglio 2025, per altro - ed è notizia di qualche giorno fa - con la concorrenza sul mercato svizzero dell’FC Basilea, chiamato a cercare il sostituto di Novartis. Servirà molta creatività e pure una certa velocità».
Si torna ancora sulle celebrazioni per il record di presenze di Jonathan Sabbatini, qualcosa che nemmeno Mattia Croci-Torti sembra aver gradito prima del fischio d’inizio. Qualcosa che avrebbe deconcentrato la squadra:
«Mi assumo il 100% della responsabilità. Un giocatore come Sabbatini, che per 412 volte ha messo l’anima e il sudore per l’FC Lugano, meritava il riconoscimento dell’intera società. Non solo di poche persone. Per quanto riguarda l’ipotetico fastidio provato da Croci-Torti, invece, mi viene da sorridere. Non credo proprio che un festeggiamento del genere possa togliere concentrazione a una squadra. Mai e poi mai, un evento del genere può giustificare una prestazione negativa in campo. A spiegarne le effettive ragioni, semmai, devono essere proprio l’allenatore e il direttore sportivo Carlos Da Silva ».
Alcune settimane fa il club ha deciso l’allontanamento di Nicholas Townsend. Il tutto senza spiegazioni:
«Premessa: non sono mai decisioni piacevoli. Nicholas Townsend, tuttavia, sa esattamente perché non fa più parte del club. Lo spero, quantomeno. Il tema della gestione degli infortuni non c’entra. E le decisioni relative alla pianificazione delle prossime stagioni che è già in atto vanno prese senza tergiversare eccessivamente ».
Townsend era un fedelissimo di Croci-Torti. C’è chi ha interpretato l’esonero del «prof» come un possibile indebolimento della figura dell’allenatore. È così? O il club sostiene ancora al 100% il suo tecnico?
«Posso capire che, all’esterno, magari, si sia potuto leggere la situazione in questo modo. Ma è un’interpretazione assolutamente sbagliata. Non abbiamo bisogno di allontanare una o l’altra figura per lanciare dei segnali a chi siede in panchina. Non è uno stile che condivido. Il mister gode del sostegno della società. Nel mondo di oggi, però - e le aziende di calcio non fanno astrazione -, non esistono garanzie a vita, in nessun ambito. Come CEO, e mi riferisco all’operato di ogni componente della società, devo vedere uno sviluppo. Sempre e dappertutto».
(Foto Keystone/Agosta)