CALCIO
Il Lugano ha un conto aperto con la Coppa
Sarebbe bello che lo chiudesse, nel migliore dei modi possibili
Pubblicato il 12.04.2021 08:47
di Silvano Pulga
Che il rapporto tra lo Young Boys e la Coppa Svizzera sia problematico, lo dicono le statistiche: una sola vittoria dal 1990 a oggi. Dopo la doppietta dello scorso anno, e vedendo quanto fatto sinora, era però logico pensare, alla vigilia degli ottavi di finale con il San Gallo, che la pratica sarebbe stata risolta dall’undici di Seoane senza problemi particolari. A livello di agenzie di scommesse, per dire, la vittoria dei Brodisti era pagata 3 volte tanto quella dei campioni in carica. 
Com’è finita, lo sappiamo: rotonda affermazione dei biancoverdi di Zeidler, che si sono così in qualche modo presi la rivincita della partita pazzesca (era però in campionato) della passata stagione, una delle ultime giocate con il pubblico presente, terminata dopo 9 minuti di recupero, con il rigore ripetuto e segnato da Hoarau che, di fatto, oltre a salvare i bernesi quel pomeriggio dalla sconfitta, probabilmente segnò il prosieguo del torneo, fermo restando che, poche settimane dopo, la pandemia investì la Svizzera e il resto del mondo, compresi, ovviamente, i campionati di calcio. 
Tutto questo preambolo era per dire che, in questa edizione, sono già sparite (a parte il GCZ e il Servette, che si sono però imposte una sola volta ciascuna, rispettivamente nel 2001 e nel 2013) le vincitrici delle ultime 20 edizioni e, soprattutto, Basilea, Sion e Zurigo, che vantavano tutte successi multipli nella competizione nel periodo citato. Insomma, la possibilità che ci sia una dominatrice diversa da quella degli ultimi sette anni è una realtà oggettiva. Senza contare che il GCZ stesso, sulla carta, militando nella serie cadetta, dovrebbe essere inferiore alle compagini di Super League: insomma, ogni scenario è possibile. Anche quello che, dopo lustri, veda proprio una squadra militante nella Challenge League alzare il trofeo: ne restano in lizza ben tre, delle quali una (l’Aarau) già in semifinale. 
La Coppa, insomma, quest’anno, pur con una formula diversa dal solito, causa pandemia, sta regalando le emozioni che ce l’avevano fatta conoscere tanti anni fa, attraverso la TSI, che entrava anche nelle case di tanti milanesi. Ci ha sempre affascinato il primo turno, giocato a metà agosto rigorosamente nei piccoli campi della Svizzera interna, dove le squadre professionistiche si trovano a incrociare i bulloni con i dilettanti delle squadre inferiori, mentre fuori dallo stadio le griglie cuociono i bratwurst, per quella che diventa una magnifica festa di tutto il paese, con il calcio che fa da protagonista e da collante sociale. Perché non ci sono questioni di licenze, di stadi non a norma: la Coppa svizzera si gioca ovunque. E quando, qualche stagione fa, il Kriens venne obbligato, nel derby con il Lucerna, all’inversione di campo, i tifosi biancoblu più accesi disertarono la sfida, perché ritennero non corretto che la squadra di serie inferiore non godesse del vantaggio del fattore campo. Cose da Coppa svizzera, appunto. 
In tutto questo, il Lugano è invece ancora in corsa e, martedì sera, nei quarti di finale, incrocerà il Lucerna dell’ex Celestini, per i quarti di finale. Partita secca, come da formula, e tanta, tanta suggestione, anche se si giocherà con gli spalti vuoti. Nessuno ne vuole parlare nell’ambiente (come giusto che sia, ça va sans dire): ma, con l’eliminazione di tutte le pretendenti naturali, va da sé che i ticinesi possano dire la loro, soprattutto in una stagione che, sinora, li ha visti fare bene. 
Non siamo tifosi bianconeri: il nostro cuore di appassionati batte per la squadra della città dove viviamo, che si chiama come la medesima (seppur in inglese, a confermarne la profonda vocazione internazionale, confermata dai tanti successi nelle massime competizioni per club) e che, tra l’altro, è la stessa che infiamma la passione del Direttore (e non solo). Però, tanti anni al seguito del Lugano non possono non lasciare il segno. Nel 2016 eravamo a Lucerna per la semifinale e, soprattutto, a Zurigo, dopo aver salutato la salvezza qualche giorno prima a Cornaredo, e dopo aver tremato di paura, la settimana precedente, a Vaduz, per le sorti di capitan Sabbatini: lo scontro sul campo, la partita sospesa, il silenzio calato all’improvviso, rotto solo dai rotori dell’elicottero dei soccorsi in arrivo.
Ecco, quel 2016 resta una grande incompiuta. In seguito avremmo vissuto e raccontato tantissimi risultati di rilievo, tra i quali due edizioni della fase a gironi dell’Europa League: non proprio una cosa ovvia, a questi livelli. Però, ogni volta che entriamo al Letzigrund, ci viene in mente quella domenica piovosa, che tanti che ci stanno leggendo ricordano sicuramente, con una punta di amarezza. Non sappiamo cosa accadrà, se Angelo Renzetti cederà a breve il timone della società. Possiamo solo dire che ci piacerebbe tanto vederlo con quella Coppa in mano. Giusto essere scaramantici, perché sarà difficilissimo: Lucerna, San Gallo, Servette e GCZ, per citate le più quotate, hanno le stesse legittime ambizioni e, soprattutto, tutti gli strumenti per avverarle. Però non possiamo non pensare al Pres, a Mattia Bottani, a capitan Sabbatini: ognuno di loro, per varie ragioni, ha un conto aperto con la Coppa. E sarebbe bello che lo chiudessero, nel migliore dei modi possibili.