FUORI ORARIO
"Morinini il più grande"
Dario Rota ripercorre la sua (breve) splendida carriera in cui ha sempre dato prova di grande professionalità
Pubblicato il 11.02.2024 07:00
di Enrico Lafranchi
Il tempo corre veloce e purtroppo non torna più. Purtroppo? Ma no, Dario Rota, 52enne, è soddisfatto del suo presente. Ed è felice del suo passato di giocatore. Di acqua sotto il ponte ne è passata un po’ dal nostro ultimo incontro. Dario da qualche anno si occupa della Under 21 bianconera, è il braccio destro di Ludovico Moresi. È quanto ambiva?
Presente e passato. Un passato, il suo, di grande giocatore (300 partite in Lega nazionale). Ha iniziato nelle giovanili del Mendrisio: dall’esordio in Prima Lega a 18 anni, all’impatto con il calcio professionistico quando era ventisettenne. Una splendida carriera al servizio di allenatori come Roberto Morinini, Vladimir Petkovic, Enzo Trossero.
Mister di elevata caratura, e non sono tutti qui:
“A Mendrisio (1989-1994) sono stato allenato da Fiorenzo Roncari, Luciano Caccia e Josip Mohorovic, a Chiasso (1994-96) ho avuto Mario Preisig e Mario Maraschi. A Locarno (1996-97) è stato il turno di Paul Schönwetter, alla presidenza c’era il compianto amico avv. Silvano Pianezzi. Poi sono andato a Lugano (1998-2002) con Karl Engel, Enzo Trossero, Giuliano Sonzogni e Roberto Morinini. Nel luglio 2002 mi sono trasferito a Lucerna dove sono rimasto fino a giugno 2004. In panchina si sono dati il cambio Hans-Peter Zaugg, Urs Schönenberger e René Van Eck. Rientrato a Lugano (2004-2007) ho avuto dapprima Pauli Schönwetter, poi Vladimir Petkovic. Ho chiuso a Mendrisio (2007-2009) con altri due bravi mister: Baldo Raineri e Luigi Tirapelle”.
L’allenatore che ti ha dato di più?
“Sono stati tre i miei ‘maestri’: Luciano Caccia mi ha lanciato a Mendrisio, Trossero mi ha fatto diventare un difensore “cattivo”. Il più grande è sicuramente Morinini: è quello che mi ha trasformato in centrocampista e che mi ha aiutato a crescere, prima come uomo, poi come atleta".
Gran bei ricordi:
“Il ‘gruppo bianconero’ di Roberto rimarrà per sempre nel mio cuore (insieme alla maglia numero 11 che custodisce gelosamente nell’armadio, ndr). Peccato che a livello di squadra sia mancata la vittoria in campionato. Siamo arrivati secondi, abbiamo partecipato ai preliminari di Champions League, incontrando lo Shaktar Donetsk che iniziò proprio in quegli anni a scalare l’Europa”.
A livello personale?
Una gioia immensa è stata la chiamata in Nazionale e l’offerta, ahimè non concretizzata per un pelo, del Lecce, allenato da Delio Rossi, che già allora militava in serie A.
A Lucerna che esperienza hai vissuto?
Ci sono stati alti e bassi. Il club dopo essere fallito è ripartito da zero. Da una parte i risultati non sono stati all’altezza (retrocessione dalla LNA il primo anno, mancata promozione l’anno seguente, ndr), dall’altra il calore della gente che si affollava all’Allmend e viveva ogni partita come una festa era qualcosa di impagabile”.
Una splendida carriera:
“L’unico rammarico è di essere arrivato al calcio professionistico a 27 anni: la mia è stata purtroppo una carriera corta a questi livelli. Sono comunque contento di aver superato le 300 presenze in Lega Nazionale, di cui più della metà in serie A. Ho avuto anche la soddisfazione di essere stato convocato in Nazionale per tre partite amichevoli: un’esperienza breve ma memorabile!”.
Non solo buone gambe (trascinatore e regista sul campo) ma anche bella testa (ha fatto breccia nel cuore di molti tifosi) e ‘tesi’ calcistiche meditate: “Sono convinto che i ticinesi possano fare meglio di alcuni pseudo giocatori che portano magari soldi al club, ma non il cuore e i polmoni dei nostri”.
Eh sì, è un vecchio discorso... Avremmo tutti da vincere (e non da perdere). Ieri (“Credo che i ragazzi bravi e meritevoli debbano giocarsi qui le loro possibilità”), come oggi (“In Ticino abbiamo una piramide che dovrebbe essere sfruttata a dovere come avviene nelle società della Svizzera interna”). Collaborando, programmando e non improvvisando: “Esatto, noi in Prima Lega Promotion che lavoriamo per il Bellinzona di Challenge League e il Bellinzona per il Lugano”.
Grintoso, trascinatore (da giocatore), Rota negli anni è diventato un tecnico tenace dei cui insegnamenti ai giovani dovrebbero approfittare le nostre squadre  che vanno per la maggiore che invece continuano a privilegiare ragazzi che vengono da fuori.
È stato un piacere risentire Dario. La sua dedizione al lavoro è una qualità da ammirare. Meriterebbe, non lo diciamo sottovoce, qualcosa di più che fare il secondo in Prima Lega. ‘Vai!’ – canta Alfa a San Remo…
(Nella foto Keystone/Agosta, Dario Rota, allenatore del Castello, affronta il FC Lugano di Zdenek Zeman in Coppa Svizzera: era il 15 agosto del 2015)