Un
paragone azzardato, troppo forte? Un gesto di irriconoscenza e di
ingratitudine verso uno degli allenatori più vincenti della storia
del calcio che ha contribuito a scrivere pagine importanti di questo
meraviglioso sport? No, non è nulla di tutto ciò. Il rispetto per
la carriera dello Special one è senza ombra di dubbio fuori
discussione. D’altronde che critica si potrebbe muovere verso un
allenatore capace di vincere tutto e di conquistare l’amore e
l’affetto di ogni piazza in cui ha allenato? L’unica cosa che
resta da fare è togliersi il cappello e dire chapeau. Ma nel calcio
come nella vita non sempre il risultato è l’unico criterio in
grado di determinare la grandezza o il successo di un allenatore. In
questo caso la scelta dell’esonero di Mourinho da parte dei
Friedkin è stata dettata non solo da una mancanza di risultati che
stava per compromettere la corsa al quarto posto in campionato, ma
anche da un grosso limite che ha caratterizzato la gestione del
tecnico portoghese in questi ultimi tre anni a Roma: l’assenza di
gioco. Il gioco non può essere considerato un elemento astratto o un
indice inerente solo all’estetica e alla bellezza del calcio. Il
gioco è elemento fondante nel calcio. De Rossi in questo senso è
certamente la chiave di svolta della stagione della Roma. Sicuramente
non è ora il tempo dei bilanci o delle conclusioni che sarebbero
premature, troppo avventate e poco professionali, ma ciò che di
tangibile si può affermare è la netta rottura con il precedente
passato. Statistiche a parte, sarebbe banale commentare il risultato
o per meglio dire i risultati delle ultime, quanto più complesso
riflettere sul gioco e sulle novità tattiche portate dalla nuova
gestione De Rossi. Poco più di un mese fa, l’arrivo dell’attuale
tecnico aveva suscitato nella tifoseria giallorossa una serie di
sentimenti contrastanti, di perplessità, dubbi e di contestazione
verso la proprietà americana per l’esonero di Mourinho. In quel
clima di grande incertezza e sgomento sul futuro della stagione, De
Rossi ha avuto il coraggio, la personalità e la prontezza di badare
non solo al risultato e alla necessità viscerale di fare punti in
campionato, ma in primis ha saputo rivoluzionare il gioco di una
squadra che soprattutto nell’ultimo periodo era diventato pressoché
sterile e soporifero, ma che anche quando i risultati erano positivi
le prestazioni lasciavano a desiderare in termini di bellezza e di
spettacolarità. A dire che non è tutto oro quello che luccica è lo
stesso De Rossi ammette che le difficoltà ci sono e che il cammino
non è agevole. Chiosa finale: l’obiettivo non è stabilire un
vincitore o dire se è meglio Mourinho o De Rossi. Il fine è di
parlare di calcio e non di risultatismo. I risultati non hanno
bisogno di essere commentati. Il gioco necessita di spiegazioni.
(Foto Keystone/Ferrari)