Un grande della parola
scritta e parlata ci ha lasciati 15 anni fa. Avevo conosciuto Werther ai tempi
del Giornale del Popolo in un periodo di incertezze (già allora) del quotidiano
cattolico. Tra di noi c’è stato un rapporto di stima e di rispetto. Definirlo
collega per me era presuntuoso, Werther era stato per diversi anni
corrispondente da Palazzo Federale e giornalista al Telegiornale che veniva
diffuso da Zurigo. Ricordo che il suo impatto sul piccolo schermo aveva
lasciato un segno molto forte. Per il suo modo distinto di presentarsi, differente
da quello dei così detti ‘mezzi busti’ di altri canali televisivi. In via San
Gottardo, sede del GdP, non era arrivato casualmente. Aveva sottoscritto l’idea
(da intendere come ‘promessa’) di diventarne il direttore. Correva l’anno 1978,
si è continuato a ‘sussurrare’ il suo nome nei corridoi e negli uffici del
numero civico 50 per settimane e mesi. Ma non se ne fece niente.
Avevo rivisto Werther anni
dopo. Gli chiesi se volesse scrivere una rubrica sull’Eco dello Sport, con
eleganza mi disse che era giusto dare questa opportunità a colleghi più
giovani. Eppure ‘comunicare’ (negli ultimi tempi gli era venuta a mancare una
collaborazione fissa sia con un giornale che alla radio, cfr. GdP) per lui non
era un privilegio, bensì la vita.
Werther ha saputo raccontare
per filo e per segno attraverso televisione, radio e libri, le ‘cose della
vita’. Sempre con garbo, equilibrio e buon senso. Con la forza della sua
serenità e professionalità.
È venuto a mancare il 31
gennaio 2009.