“Io
tutto posso in colui che mi dà forza” scrive San Paolo nella
Lettera ai Filippesi. Questa è la citazione cristiana che Adriano
Leite Ribeiro, calciatore dell’Inter morattiana, ricordato da molti
con il soprannome di “Imperatore”, scelse di esibire dopo il
primo dei suoi tre gol in un match
di Champions League dei primi anni 2000 contro il Porto. Devozione
autentica o semplicemente un gesto benaugurante? Sottile e difficile
determinare all’apparenza quale sia la verità. Ciò che è certo è
che la fede è qualcosa di strettamente personale, un rapporto che
molti preferiscono vivere nel privato. Tra i molti ci sono anche i
calciatori, la cui notorietà spopola su tutti i social, ma dove oggi
il confine tra sfera privata e pubblica non esiste più. La grande
fama di cui godono questi sportivi fa sì che anche la fede venga
coinvolta in una dimensione di dominio pubblico. Nelle manifestazioni
sportive, molti atleti colgono l’occasione per ostentare al mondo
intero la propria credenza. Tanti sono gli esempi che si potrebbero
citare: l’acqua santa del Trap; le magliette dei brasiliani; i
versetti buddhisti di Roberto Baggio. Quest'ultimo ha sempre
attribuito al benessere derivante dalla fede nel buddhismo la
capacità di risollevarsi dai non pochi eventi sfortunati della sua
carriera. Aderente alla Soka Gakkai, il divin codino ne portava i
colori e alcuni versetti sulla fascia da capitano. Lo storico
capitano dell’Inter, oggi vicepresidente del suo ex club, Javier
Zanetti, ha raccontato in varie interviste di essere un credente
devoto alla figura di Santa Rita da Cascia. La notte del 22 maggio
2010, una data che rievoca dolci ricordi nelle menti di tutti gli
appassionati interisti, l'argentino allo scoccare della mezzanotte
nella sua stanza d’albergo decise di accendere una candela per
celebrare la festività religiosa della Santa scomparsa il 22 maggio
1457. Per altri personaggi del mondo del calcio, la fede ha
rappresentato una vera e propria scelta di vita, come per il
nigeriano Taribo West, che al termine della sua carriera da
calciatore ha deciso di diventare un predicatore. Queste
testimonianze indicano che la fede resta sempre qualcosa di
strettamene intimo, rispondente a bisogni e necessità diverse. Il
credente rivolgendosi alla divinità prega per un senso di benessere
interiore, per ricevere il dono di una pace e di una forza che lo
possa accompagnare nel corso delle sfide e delle difficoltà che la
vita presenta quotidianamente. Rispetto agli ultimi 20 anni oggi è
più raro vedere un calciatore esibire segni o simboli del proprio
culto religioso. E si impone un dilemma: la fede sta diventando
sempre qualcosa di più privato oppure come per le nuove generazioni
anche per i calciatori c’è indifferenza verso la religione?
(Roberto Baggio, nella foto Keystone/Aguilar)