CALCIO
I colori della gioia
Aris Sörensen è un giovane orgoglioso di vestire la maglia granata
Pubblicato il 28.03.2024 09:47
di Enrico Lafranchi
Aris Sörensen è nipote di Jörn che faceva parte della ‘pattuglia corsara di Carlo Pinter e Otto Scerri’, giocatore e allenatore dell’ACB, che ci ha fatto piacere rivedere una settimana fa allo stadio all’allenamento dei granata.  
Aris è felice di avere realizzato il ‘sogno’ di giocare in prima squadra:
Sì, possiamo dire così. Vestire la maglia granata in ChL è motivo di orgoglio per me. A Yverdon ero arrivato alla fine di un ciclo, sono cambiate tante cose, rientravo da un infortunio (9 mesi senza calcio tra operazione al ginocchio e rieducazione, ndr). Francamente detto non ci ho pensato due volte a dire di sì all’ACB!”.
Sicuro di sé e pieno di energie, 23 anni il prossimo 16 maggio, Sörensen junior è un ragazzo aperto che sa familiarizzare con tutti. Cominciamo a parlare un po’ di lui.
SCUOLA CALCIO E TEAM TICINO
Ha iniziato molto piccolo a dare calci al pallone:
I miei primi ‘maestri’ sono stati Flavio Tagli e Angelo Ruggeri, nel Team Ticino ho avuto come allenatori Alessandro Mangiarratti e Massimo Immersi (U15), e nella U16 Alessandro Minelli”.
LA CHIAMATA DELLA SAMPDORIA
Ha sempre dato il massimo per arrivare a traguardi importanti. Nell’estate 2017 si è trasferito a Genova, chiamato dalla Samp (Under 17 e Primavera). “L’idea di partire da casa così giovane, avevo 16 anni, può sembrare strana. Però quando giochi nel Team Ticino i ragazzi sognano… È difficile percepirlo sulla tua pelle un cambiamento del genere, io ho avuto questa possibilità e ne sono felice. È stata una scelta sicuramente più complessa rispetto a quella di andare Yverdon. Ma con i giusti tempi ho ritenuto che fosse giusto così. Non mi sono mai pentito di questa decisione, anzi trovo che si è trattato di un’esperienza veramente producente: vedi un’altra realtà calcistica, quella italiana, un arricchimento ulteriore”.
LA LONTANANZA
Un colpo di fortuna, purtroppo dall’esito alterno: nel 2020 è divampato il Covid, Aris è dovuto rientrare in Ticino. Gli chiediamo se a Genova ha provato un po’ di nostalgia: “Senza dubbio, alcuni piccoli cambiamenti li ho trovati, per un ragazzo di 16 anni è sempre complicato.  L’inizio non è stato facile ma poi con un po’ di adeguamento i mesi successivi sono andati molto bene. Ho avuto anche la fortuna di avere vicini i miei (mamma Sonia, papà Peter e la sorellastra Melissa). I genitori mi venivano a trovare spesso quando stavo a Milano e Torino, e anche a Genova. Abbiamo fatto in modo che la ‘lontananza’ non risultasse un problema”.
PROBLEMI DI LINGUA?
Alludiamo, ovviamente, al periodo trascorso in Romandia, alla corte di Degennaro, dopo una parentesi col Chiasso di Baldo Raineri. Trasferimento benefico, facilitato da Marco che teneva d’occhio il montecarassese da un bel po’: “La lingua non è mai stata un tema principale. Avevo già una certa base di francese, vivendo e giocando a Yverdon ho naturalmente avuto la possibilità di apprenderlo di più.”.
YVERDON DA APPLAUSI
L’Yverdon, come ebbe a dire l’ex DG di Bellinzona e Chiasso, è una squadra che gioca ‘quasi a memoria, divertendo il pubblico’. Sensazioni che Aris ha certamente assaporato: “L’anno scorso abbiamo fatto un campionato strepitoso, concluso con la promozione. Ho giocato con dei compagni e lavorato con un allenatore (Marco Schällibaum, ndr) che mi hanno fatto crescere calcisticamente. E non solo. Non rinnegherei mai una ‘avventura’ del genere!”.
IL RITORNO A BELLINZONA
Più che un ritorno Bellinzona è stato per me una ripartenza in quanto ero reduce da un infortunio complesso. Non è che sono arrivato qui con grandi aspettative, ma avevo tanta fame ‘dentro’’ e la volevo dimostrare sul campo. Ho trovato un gruppo giovane che ha tanta voglia di lavorare e impegnarsi. Al momento i risultati non sono purtroppo al massimo, i primi a non essere contenti siamo noi. Stiamo cercando di invertire la rotta, un campionato del genere non è di sicuro quello che vogliamo fare. Sono però soddisfatto di essere qua e di giocare per questi colori”.
LO STAFF SPAGNOLO
Aris, in granata da gennaio, mette in evidenza il carisma degli spagnoli: “È uno staff tecnico che pretende tanto, soprattutto a livello fisico. Difatti i primi allenamenti sono stati un po’ pesanti per me, anche a causa della lunga assenza dai terreni da gioco. Ma poi, prendendo ritmo, tutto è diventato più facile. Quando sei in partita e hai gamba e fiato ti riescono meglio anche le giocate a livello tecnico…”.
IL GRUPPO
Si è spesso e volentieri parlato di ‘grande spirito di squadra’ in casa granata.  Sia da parte degli ultimi arrivati (Benguché: “Ho trovato un gruppo sano e vivace”), sia da chi è già qui da un po’ (Puglese: “Lo spogliatoio è super”; Sauter: “Siamo una bella squadra, con i compagni c’è un grande affiatamento”). Anche chi ha preferito (o dovuto), per un motivo o l’altro, uscire di scena ha sempre messo in pole position lo spogliatoio (Berardi: “Fare parte di questo gruppo è stata un’esperienza molto positiva”; Kiassumbua: “Adoro il colore granata (da ex Servette, ndr), quello del Bellinzona ancora di più”). Parole di lode sono state rivolte a capitan Tosetti e compagni anche da ex allenatori (Chieffo: “I ragazzi sono l’anima della squadra”; Sesa: “Parlo di un gruppo meraviglioso”; Maccoppi: “Tutti ragazzi eccezionali!”).
Tu Aris che impressione hai colto dentro il campo (e fuori)? “Quando sei professionista, d’accordo che siamo giovani, instaurare legami extracalcistici diventa difficile. Siamo affiatati, questo sì. Adesso la situazione non ci aiuta, magari ci sono delle discussioni però è quel tal nervosismo che alle volte ci sta”. 
MANCA UN LEADER?
Ne avevamo già parlato a inizio stagione con Sandro Chieffo. Il mister di Zurigo ha sempre evidenziato che in squadra c’erano Mihajlovic e Tosetti, poi è arrivato Iacobucci: “Sono tre ragazzi un po’ diversi tra loro, cercano di spingere la squadra, soprattutto in questo momento in cui ci manca quello step in più a livello caratteriale. Dal lato della loro esperienza Dragan, Matteo e Alessandro riescono a darci qualcosa in più”.
IL CAPITANO
Matteo è una grande persona, mi trovo bene con lui, parliamo anche di hockey, tifa Ambrì… (una bella risata). Scherzi a parte ‘Tosi’ è anche un gran giocatore che all’apparenza sembra il più calmo ma quando è in campo ti fa capire, magari solo con gesto, che devi darci dentro. Non sono sempre le parole che fanno la differenza!”.
PUBBLICO IN CALO
Non c’è mai stato così poco pubblico, per quello che possiamo ricordare, come in questa stagione. Aris: “Eh sì, il Bellinzona era abituato a ben altri palcoscenici! Come per tutte le squadre quando le cose non vanno bene la gente nello stadio viene a mancare. A noi giocatori questo ci fa chiaramente male, siamo i primi ad esserne dispiaciuti prima di essere arrabbiati per le nostre prestazioni. Come dico sempre, il calcio è fatto di tante componenti e tanti dettagli. In questo momento i ‘dettagli’ non girano dalla nostra parte, stiamo facendo il massimo per metterli a posto. Speriamo che venerdì contro l’Aarau riusciamo a offrire ai tifosi una buona partita. E la tanto attesa vittoria!”.
CALCIATORE PROFESSIONISTA
Sto seguendo una scuola a coté, l’Università online, il calciatore professionista ha molto tempo libero dalla sua. Ritengo importante continuare gli studi, fare qualcosa che magari in futuro mi potrà dare un colpo di mano”.
BELLINZONA UNA TAPPA?
Sì, possiamo dire così ma non è che penso già al domani. Come ti avevo già detto quando ero a Chiasso, adesso mi concentro sul presente, sulle ultime dieci partite fatte alla grande. Stiamo parlando di salvezza perché diventa difficile ambire a qualcosa di più. Vogliamo regalare qualche gioia ai tifosi, poi vedremo cosa si presenta a giugno. Sono veramente contento di essere a Bellinzona, se dovessi restare mi farebbe sicuramente molto piacere”.
HOBBY
Sono un grande appassionato di sport, oltre al calcio seguo tanto l’hockey. Sono tifoso dell’HC Lugano che adesso posso seguire da vicino mentre prima ero obbligato a vederlo in televisione. In questi giorni sono molto preso dai playoff! Guardo anche lo sci, siamo una nazione molto fortunata al giorno d’oggi con Lara Gut-Behrami e Marco Odermatt! Sono questi tre i miei sport preferiti. Non sono un gran fan di musica e tantomeno di cinema. I film non mi dicono proprio niente, nello spogliatoio scherzo con Iacobucci che ogni tanto mi prende in giro… (ride)”.
Come mai questa tua ‘insofferenza’, chiamiamola così, per la Settima Arte? “Il cinema non mi è mai piaciuto, anche da piccolo non guardavo ‘cartoni’ o film. Sono sempre stato attratto dallo sport”.