Aris Sörensen è nipote di
Jörn che faceva parte della ‘pattuglia corsara di Carlo Pinter e Otto Scerri’,
giocatore e allenatore dell’ACB, che ci ha fatto piacere rivedere una settimana
fa allo stadio all’allenamento dei granata.
Aris è felice di avere
realizzato il ‘sogno’ di giocare in prima squadra:
“Sì, possiamo dire così. Vestire la maglia granata in ChL è motivo di orgoglio per me. A Yverdon ero arrivato alla fine di un ciclo, sono cambiate tante cose, rientravo da un infortunio (9 mesi senza calcio tra operazione al ginocchio e rieducazione, ndr). Francamente detto non ci ho pensato due volte a dire di sì all’ACB!”.
“Sì, possiamo dire così. Vestire la maglia granata in ChL è motivo di orgoglio per me. A Yverdon ero arrivato alla fine di un ciclo, sono cambiate tante cose, rientravo da un infortunio (9 mesi senza calcio tra operazione al ginocchio e rieducazione, ndr). Francamente detto non ci ho pensato due volte a dire di sì all’ACB!”.
Sicuro di sé e pieno di
energie, 23 anni il prossimo 16 maggio, Sörensen junior è un ragazzo aperto che
sa familiarizzare con tutti. Cominciamo a parlare un po’ di lui.
SCUOLA CALCIO E TEAM TICINO
Ha iniziato molto piccolo a dare
calci al pallone:
“I miei primi ‘maestri’
sono stati Flavio Tagli e Angelo Ruggeri, nel Team Ticino ho avuto come
allenatori Alessandro Mangiarratti e Massimo Immersi (U15), e nella U16 Alessandro
Minelli”.
LA CHIAMATA DELLA SAMPDORIA
Ha sempre dato il massimo per
arrivare a traguardi importanti. Nell’estate 2017 si è trasferito a Genova,
chiamato dalla Samp (Under 17 e Primavera). “L’idea di partire da casa così
giovane, avevo 16 anni, può sembrare strana. Però quando giochi nel Team Ticino
i ragazzi sognano… È difficile percepirlo sulla tua pelle un cambiamento del
genere, io ho avuto questa possibilità e ne sono felice. È stata una scelta
sicuramente più complessa rispetto a quella di andare Yverdon. Ma con i giusti
tempi ho ritenuto che fosse giusto così. Non mi sono mai pentito di questa
decisione, anzi trovo che si è trattato di un’esperienza veramente producente: vedi
un’altra realtà calcistica, quella italiana, un arricchimento ulteriore”.
LA LONTANANZA
Un colpo di fortuna,
purtroppo dall’esito alterno: nel 2020 è divampato il Covid, Aris è dovuto
rientrare in Ticino. Gli chiediamo se a Genova ha provato un po’ di nostalgia:
“Senza dubbio, alcuni piccoli cambiamenti li ho trovati, per un ragazzo di
16 anni è sempre complicato. L’inizio
non è stato facile ma poi con un po’ di adeguamento i mesi successivi sono andati
molto bene. Ho avuto anche la fortuna di avere vicini i miei (mamma Sonia, papà
Peter e la sorellastra Melissa). I genitori mi venivano a trovare spesso quando
stavo a Milano e Torino, e anche a Genova. Abbiamo fatto in modo che la
‘lontananza’ non risultasse un problema”.
PROBLEMI DI LINGUA?
Alludiamo, ovviamente, al
periodo trascorso in Romandia, alla corte di Degennaro, dopo una parentesi col
Chiasso di Baldo Raineri. Trasferimento benefico, facilitato da Marco che
teneva d’occhio il montecarassese da un bel po’: “La lingua non è mai stata
un tema principale. Avevo già una certa base di francese, vivendo e giocando a
Yverdon ho naturalmente avuto la possibilità di apprenderlo di più.”.
YVERDON DA APPLAUSI
L’Yverdon, come ebbe a dire l’ex
DG di Bellinzona e Chiasso, è una squadra che gioca ‘quasi a memoria, divertendo
il pubblico’. Sensazioni che Aris ha certamente assaporato: “L’anno
scorso abbiamo fatto un campionato strepitoso, concluso con la promozione. Ho giocato
con dei compagni e lavorato con un allenatore (Marco Schällibaum, ndr)
che mi hanno fatto crescere calcisticamente. E non solo. Non rinnegherei mai
una ‘avventura’ del genere!”.
IL RITORNO A BELLINZONA
“Più che un ritorno
Bellinzona è stato per me una ripartenza in quanto ero reduce da un infortunio
complesso. Non è che sono arrivato qui con grandi aspettative, ma avevo tanta
fame ‘dentro’’ e la volevo dimostrare sul campo. Ho trovato un gruppo giovane
che ha tanta voglia di lavorare e impegnarsi. Al momento i risultati non sono purtroppo
al massimo, i primi a non essere contenti siamo noi. Stiamo cercando di
invertire la rotta, un campionato del genere non è di sicuro quello che
vogliamo fare. Sono però soddisfatto di essere qua e di giocare per questi
colori”.
LO STAFF SPAGNOLO
Aris, in granata da gennaio,
mette in evidenza il carisma degli spagnoli: “È uno staff tecnico che
pretende tanto, soprattutto a livello fisico. Difatti i primi allenamenti sono
stati un po’ pesanti per me, anche a causa della lunga assenza dai terreni da
gioco. Ma poi, prendendo ritmo, tutto è diventato più facile. Quando sei in
partita e hai gamba e fiato ti riescono meglio anche le giocate a livello
tecnico…”.
IL GRUPPO
Si è spesso e volentieri
parlato di ‘grande spirito di squadra’ in casa granata. Sia da parte degli ultimi arrivati (Benguché:
“Ho trovato un gruppo sano e vivace”), sia da chi è già qui da un po’
(Puglese: “Lo spogliatoio è super”; Sauter: “Siamo una bella squadra, con i
compagni c’è un grande affiatamento”). Anche chi ha preferito (o dovuto), per
un motivo o l’altro, uscire di scena ha sempre messo in pole position lo
spogliatoio (Berardi: “Fare parte di questo gruppo è stata un’esperienza
molto positiva”; Kiassumbua: “Adoro il colore granata (da ex
Servette, ndr), quello del Bellinzona ancora di più”). Parole di lode
sono state rivolte a capitan Tosetti e compagni anche da ex allenatori
(Chieffo: “I ragazzi sono l’anima della squadra”; Sesa: “Parlo di un
gruppo meraviglioso”; Maccoppi: “Tutti ragazzi eccezionali!”).
Tu Aris che impressione hai colto dentro il campo (e fuori)? “Quando sei professionista, d’accordo che siamo giovani, instaurare legami extracalcistici diventa difficile. Siamo affiatati, questo sì. Adesso la situazione non ci aiuta, magari ci sono delle discussioni però è quel tal nervosismo che alle volte ci sta”.
Tu Aris che impressione hai colto dentro il campo (e fuori)? “Quando sei professionista, d’accordo che siamo giovani, instaurare legami extracalcistici diventa difficile. Siamo affiatati, questo sì. Adesso la situazione non ci aiuta, magari ci sono delle discussioni però è quel tal nervosismo che alle volte ci sta”.
MANCA UN LEADER?
Ne avevamo già parlato a inizio stagione con Sandro Chieffo. Il mister di Zurigo ha sempre evidenziato che
in squadra c’erano Mihajlovic e Tosetti, poi è arrivato Iacobucci: “Sono tre
ragazzi un po’ diversi tra loro, cercano di spingere la squadra, soprattutto in
questo momento in cui ci manca quello step in più a livello caratteriale. Dal
lato della loro esperienza Dragan, Matteo e Alessandro riescono a darci
qualcosa in più”.
IL CAPITANO
“Matteo è una grande
persona, mi trovo bene con lui, parliamo anche di hockey, tifa Ambrì… (una
bella risata). Scherzi a parte ‘Tosi’ è anche un gran giocatore che
all’apparenza sembra il più calmo ma quando è in campo ti fa capire, magari
solo con gesto, che devi darci dentro. Non sono sempre le parole che fanno la
differenza!”.
PUBBLICO IN CALO
Non c’è mai stato così poco
pubblico, per quello che possiamo ricordare, come in questa stagione. Aris: “Eh
sì, il Bellinzona era abituato a ben altri palcoscenici! Come per tutte le
squadre quando le cose non vanno bene la gente nello stadio viene a mancare. A
noi giocatori questo ci fa chiaramente male, siamo i primi ad esserne
dispiaciuti prima di essere arrabbiati per le nostre prestazioni. Come dico
sempre, il calcio è fatto di tante componenti e tanti dettagli. In questo
momento i ‘dettagli’ non girano dalla nostra parte, stiamo facendo il massimo
per metterli a posto. Speriamo che venerdì contro l’Aarau riusciamo a
offrire ai tifosi una buona partita. E la tanto attesa vittoria!”.
CALCIATORE PROFESSIONISTA
“Sto seguendo una scuola a
coté, l’Università online, il calciatore professionista ha molto tempo libero
dalla sua. Ritengo importante continuare gli studi, fare qualcosa che magari in
futuro mi potrà dare un colpo di mano”.
BELLINZONA UNA TAPPA?
“Sì, possiamo dire così ma
non è che penso già al domani. Come ti avevo già detto quando ero a Chiasso,
adesso mi concentro sul presente, sulle ultime dieci partite fatte alla grande.
Stiamo parlando di salvezza perché diventa difficile ambire a qualcosa di più. Vogliamo
regalare qualche gioia ai tifosi, poi vedremo cosa si presenta a giugno. Sono
veramente contento di essere a Bellinzona, se dovessi restare mi farebbe
sicuramente molto piacere”.
HOBBY
“Sono un grande
appassionato di sport, oltre al calcio seguo tanto l’hockey. Sono tifoso
dell’HC Lugano che adesso posso seguire da vicino mentre prima ero obbligato a
vederlo in televisione. In questi giorni sono molto preso dai playoff! Guardo anche lo sci, siamo una nazione molto fortunata
al giorno d’oggi con Lara Gut-Behrami e Marco Odermatt! Sono questi tre i miei
sport preferiti. Non sono un gran fan di musica e tantomeno di cinema. I film
non mi dicono proprio niente, nello spogliatoio scherzo con Iacobucci che ogni
tanto mi prende in giro… (ride)”.
Come mai questa tua ‘insofferenza’, chiamiamola
così, per la Settima Arte? “Il cinema non mi è mai piaciuto, anche da
piccolo non guardavo ‘cartoni’ o film. Sono sempre stato attratto dallo sport”.