Calcio
Affinità e divergenze tra Guardiola e Ancelotti
Real-City, si affrontano le grandi favorite per la vittoria finale della Champions
Pubblicato il 09.04.2024 06:43
di Angelo Lungo
È di nuovo Real contro City. L'opinione corrente degli espertia è, quasi, unanime, chi passerà: diventa la favorita d'obbligo per alzare al cielo la Coppa dalle grandi orecchie. In campo si affronteranno grandi giocatori, ma i veri protagonisti della contesa sono i due allenatori: un italiano e uno spagnolo. Sono tecnici vincenti, hanno più volte vinto la Champions, sanno come si fa. I due sono affini e divergenti.
Guardiola appare deciso: “Il nostro obiettivo non è venire qui solo per controllare la partita. Dobbiamo punire il Real. Non basta vincere la Champions League una volta sola”.
Ancelotti sembra diventato un risultatista: “L'altro giorno pensavo a una cosa: se la sconfitta è sofferenza, la vittoria è felicità?. No, mi sono detto è un sollievo. La felicità arriva se vinci un titolo, un trofeo. La vittoria singola fa sentire solo più contenti”.
Lo spagnolo è indiscutibilmente un innovatore, non è un conservatore: è capace di imporre la sua cifra stilistica. È un visionario, convinto che il collettivo debba essere unito e compatto, assertore che la sconfitta fa male davvero ma che fortifica e che bisogna festeggiare con moderazione. Esalta il calcio che richiede coraggio e fantasia, disciplina e capacità di assumersi le proprie responsabilità. Predilige: possesso palla e gioco veloce, ritmi alti e manovra avvolgente, i giocatori devono avere tecnica e lucidità nelle decisioni. E non propone i medesimi schemi: li mette in discussione e li stravolge. Si evolve: prima ha fatto scomparire il centravanti, poi lo ha rimesso all'improvviso al centro del suo gioco. Il suo mantra è: passione e movimento
L'italiano è uno dei più grandi in circolazione. Le grandi partite per lui non hanno segreti, la Champions non lo destabilizza, riesce a mantenersi saldo. Rispetto ai suoi connazionali è flemmatico e impassibile, non si scompone, non gesticola e sembra non dia mai segni di nervosismo. È un normale capace di diventare unico. Le sue rivoluzioni sono silenziose e sottovalutate. La sua forza è la versatilità, non si adatta ai tempi, li studia, li analizza e li smonta. Non è né un conservatore né un innovatore. La sua impronta tattica è chiara: il modulo è secondario, non è un integralista, ma adotta un sistema modellato sulle caratteristiche dei giocatori. È un freddo: il caso caso non lo destabilizza, lo neutralizza e poi procede spedito. Il trucco non è complicato: le partite vanno indirizzate, seguendo lo spirito che aleggia su di esse, ma si deve essere capaci di sentire.
(Foto Keystone/Fernandez)