Essere Gabriele Mazzi, sentirsi Kailash Ananda
“Mi ero perso, mi sono ritrovato”
Ascolta l’anima e troverai la strada
Pubblicato il 23.04.2021 11:11
di Angelo Lungo
De Gregori cantava “La storia siamo noi”. Intendeva che la storia è fatta dalle persone comuni e nessuno si deve sentire escluso. Non si ferma mai è un processo inarrestabile. E la storia del locarnese Gabriele Mazzi va raccontata.
 
Gabriele prima.
“Una vita frenetica. Sono stato un podista di un certo livello. Mi sono laureato in Ingegneria alimentare e sono diventato un imprenditore. Avevo un ditta alimentare, facevo prodotti a base di castagne. E avevo successo, crescita costante e guadagni in ascesa. Tutte le mie energie erano concentrate sul mio lavoro”.
 
Si sentiva realizzato.
“Dal punto di vista lavorativo sicuramente, poi lo sport competitivo ha contribuito a rafforzarmi nel corpo e nello spirito. E tuttavia nel mio interiore avvertivo dei sussurri lievi ma intensi: sentivo che mi mancava qualcosa, percepivo che non riuscivo ad afferrare la vita. Ma non volevo ammetterlo”.
 
Poi?
“Un problema lavorativo: ho dovuto ritirare dei prodotti, perché inconsapevolmente ho usato una farina adulterata. Il panico, la paura. L’angoscia perché temevo di perdere tutto. Mi sono spaurito: pensavo di avere il controllo e invece ho scoperto la fragilità della vita. Ho cominciato a rivedere le mie ambizioni professionali. Successo e soldi mi sono apparsi come caduchi ed effimeri”.
 
Ha iniziato il suo avvicinamento verso l’Induismo?
“Da qualche tempo facevo meditazione, da autodidatta e senza una guida. Il sussurro interiore aveva alzato i toni. Ho iniziato a praticare in gruppo “l’Om Chanting”. L’om è una sillaba mistica, un suono primordiale. È il mantra per eccellenza. Che energia, che scoperta, che emozioni”.
 
In seguito?
“Avvertivo che avevo bisogno di una guida, qualcuno che mi aiutasse a orientarmi. Domande sullo scopo e sul senso della vita mi assillavano. La svolta: a Minusio incontro il mio maestro induista Paramahansa Vishwananda, un’autentica folgorazione. Una persona che emana energia e la mia vita è cambiata. Ora sono un monaco induista e mi chiamo Kailash Ananda”.
 
Ha intrapreso un nuovo percorso?
“Sono andato altrove. Pensavo che il carattere fosse immodificabile. Invece è possibile trasformarsi. Rabbia, tristezza, invidia, orgoglio le ho prima riposte e poi superate. Ora non mi appartengono e non mi tormentano. Ci si può perdere tra i desideri materiali ma è possibile ritrovarsi”.
 
Cosa intende per spiritualità?
“Concerne lo spirito, l’anima il soffio. Non siamo mente e corpo. È l’anima che deve darci la nostra identità”.
 
E per felicità?
“Tutti siamo alla sua ricerca, ma non occupandoci della nostra anima percorriamo un sentiero impervio. Il desiderio di felicità è rivolto all’esterno, verso piaceri estemporanei, cerchiamo gratificazioni e siamo limitati. Pure i rapporti interpersonali seguono questa linea. La felicità la dobbiamo trovare in noi stessi, è uno stato connaturato al nostro essere intimo, solo così possiamo essere pronti per incontrare l’altro”.
 
Come si svolge la sua giornata?
“Vivo a Francoforte in un monastero un “ashram” con un centinaio di altri monaci e monache e sono responsabile della manutenzione. Un servizio disinteressato, svolto senza aspettative. Nell’induismo il lavoro non ha bisogno di ricompense, siamo distaccati dalle nostre azioni, non ci si aspetta niente, ci si deve sentire liberi”.
 
Pratica yoga e meditazione quotidianamente?
“Certo. Pratico l’Atma kriya yoga. Mi permettono di raggiungere una calma interiore e mentale. Consentono uno sviluppo intuitivo e percepisco una maggiore forza fisica”.
 
L’induismo è…
“Una cultura che apre, coinvolge e avvolge. Si diventa induista ma è un evoluzione. Io di origine sono un cristiano e in fondo lo sono ancora, solo adesso ho capito il vero messaggio di Cristo”.
 
Sport e spiritualità?
“Hanno un legame forte, è la mente che fa la differenza. Per raggiungere un obiettivo ci vuole cura del proprio corpo, cura dell’alimentazione, sacrificio dedizione, serenità e ascolto dell’anima”.
 
Se si volta indietro?
“Guardo avanti, guidato dal mio maestro. Il percorso che ho intrapreso mi rasserena”.
 
Roger Federer ha detto: “Continua a correre, continua a crederci”.