Si
corre in ogni parte del mondo, si tengono gare più o meno famose. Si
è appena conclusa la Maratona di Boston, ma a tenere banco nel mondo
del podismo, è quello che è successo nella mezza maratona disputata
a Pechino. Il fattaccio: tre atleti africani hanno visibilmente
rallentato sul finale, e hanno consentito al cinese He Jie di
vincere senza sprintare. Altro che giallo, l'imbarazzo e
l'incredulità è generale, anche perché le immagini sono chiare.
Jie ha tagliato il traguardo quasi scortato dai tre podisti africani, che gli hanno quasi intimato di avanzare. Niente finale spasmodico. Il
comportamento dell'etiope Hailu, dei keniani Keter e Mnangat è
evidente, si sono quasi fermati. Il padrone di casa ha trionfato senza
opposizione. Il video ha cominciato a fare il giro del mondo e non
poteva essere altrimenti. Tutti basiti ed esterrefatti. La Federazione
di atletica cinese ha deciso di aprire un'indagine sulla vicenda.
Fanno poi discutere le parole di Mnangat: “Jie verrà in Kenya,
è mio amico”. Quello che è avvenuto non ammette repliche,
stabilire perché è complicato, come definirlo è impossibile. La
volontà degli africani è stata quella di perdere ed essere
sconfitti. Si può parlare di un regalo, di concessione di una
vittoria. In questi casi si cita sempre De Coubertin e la sua
celeberrima massima. Ma nello sport d'alto livello e non solo, vige
un semplice e forte principio ordinatore: vincere e possibilmente
dominare l'avversario. L'inchiesta è soltanto una prassi e non
chiarirà niente. Rimangono le immagini: l'incredulità di Jie,
felice e stanco; la generosità e la scioltezza posturale dei tre
africani. E chi vuol essere lieto sia.
(Foto Keystone)