CALCIO
"Ho rischiato di morire"
Parla Didier Tholot, tecnico del Sion che stasera affronta il Lugano in Coppa
Pubblicato il 27.04.2024 10:31
di Red.
Didier Tholot è l'allenatore che ha saputo, meglio di tutti, capire in questi anni il presidente Constantin. Forse è per questo che stasera, contro il Lugano, il francese ha la  possibilità di qualificarsi per la sua terza finale di Coppa.
Nell'intervista che ha concesso al Blick, il tecnico del Sion si apre come non aveva mai fatto prima.
Davanti a un buon bicchiere di vino, molto rilassato, gaudente, come chi ha capito come prendere la vita, si racconta:
"Mi piace concedermi un bicchiere di vino. E mi godo la vita. Dopo quello che era successo qualche mese fa, dove ho rischiato la vita, meglio prenderla con filosofia".
Ma come? Qualche mese fa Tholot venne ricoverato all'ospedale per non precisati problemi alla schiena ma nessuno disse nulla. Sembrava un normale controllo di routine. E invece...
"Sì, a novembre ho avuto un arresto cardiaco".
Nessuno, fino a oggi, aveva detto nulla:
"Il club non voleva spaventare la gente. Quindi non ne hanno fatto un dramma. E nemmeno io volevo dirlo a nessuno, perché sono cose che succedono. Solo perché sei mediatizzato come allenatore di calcio non significa che devi dirlo a tutti. Ma stavo per morire. Era una questione di minuti".
Il racconto è drammatico:
"È successo qui, nel mio ufficio All'improvviso ho sentito un dolore incredibile al petto. Mi dissero poi che l'arteria principale che portava al cuore era bloccata al 99,9%. Fortunatamente il mio assistente José Sinval era lì. Mi ha portato immediatamente da un cardiologo. Poi sono andato direttamente in sala operatoria all'ospedale di Sion. Un'altra circostanza fortunata: si trova a meno di un quarto d'ora di distanza".
E ora è qui come se non fosse successo nulla...
"Esatto. Ora ho due stent intorno al cuore ma sto bene".
Non è facile risalire alle cause di un simile malore:
"Probabilmente è un mix di cose. Un po' di genetica, mio padre ne aveva già avuto uno. E poi io, nella mia vita, ho anche fumato".
Molto?
"Sì, molto. Ho smesso il giorno dell'operazione.. Soprattutto per l'intensità del dolore, che non avevo mai provato prima. Si ha la sensazione che il petto sia incastrato in una gabbia e che venga schiacciato da entrambi i lati".
I medici gli avevano consigliato un periodo di malattia di un mese e mezzo, ma lui, dopo solo dieci giorni, era già in panchina.
A 60 anni, compiuti lo scorso 2 aprile, ha ancora voglia di correre veloce e di fare tante cose. Il Lugano è avvisato.
(Foto Keystone/Klaunzer)