Quando il gioco si fa virtuale
Real Madrid contro… Fortnite
Ne resterà uno soltanto
Pubblicato il 27.04.2021 11:39
di Angelo Lungo
Siete comodamente seduti su una poltrona. Chiudete solo per un attimo gli occhi. Li riaprite e vi trovate su un bus volante. Stupore. Incredulità. Indossate un paracadute. Avete tra le mani un piccone. Osate dare uno sguardo fuori dal finestrino e sotto di voi vedete un’isola. Timore. Curiosità. Vi chiedete che cosa stia succedendo. All’improvviso vi trovate a fluttuare nell’aria. Ogni parvenza di giudizio critico è sospeso. Pencolate tra speranza e ansia. Atterrate. Pensate che sia tutto irreale. Indovinato. È realtà virtuale. State giocando a Fortnite: è la Battaglia Reale. Siete in 100 su di un’isola. Il piccone lo dovete usare per procurarvi armi e per fabbricarvi protezioni. Tutti contro tutti. Dovete sparare, eliminare i vostri avversari. Ne rimarrà uno soltanto. E sarà trionfo. Tanta autostima. Molto parossismo.
Nel 2017 l’Epic Games lancia sul mercato un nuovo videogioco: Fortnite. Il successo è clamoroso e planetario. Numeri incredibili: 250000000 di giocatori; video delle partite su You Tube che raggiungono alle nostre latitudini 500000 spettatori; eventi organizzati in stadi strapieni dove si scontrano i migliori interpreti.
Il gioco lo si scarica gratuitamente, c’è molta casualità nel suo svolgimento, la bravura consiste nel trovare armi, esalta l’intuito, la grafica somiglia a un cartone animato.
Tim Sweeney, il fondatore di Epic Games, secondo le stime di Bloomberg, è tra le 200 persone più ricche del pianeta. Incassa, grazie alla Battaglia Reale, 3151 euro al minuto, nel 2019, ad esempio, ha guadagnato 1800 miliardi dollari.
Come? Permettendo di comprare, ai giocatori, soltanto personalizzazioni cosmetiche, estetiche, meri orpelli che non apportano alcun beneficio o vantaggio nel gioco se non quello di differenziarsi dalla massa di altri gamers, si possono acquistare anche balletti. Si spendono cifre modiche: 2, 5, 10 franchi.
Ogni aspetto del videogioco è curato scientificamente. Tra le consulenti c’è anche una psicologa cognitiva: la francese Celia Hodent.
“E fondamentale perché qualsiasi battaglia virtuale, oltre che sullo schermo, accade anche nel cervello di chi la combatte. Un’icona è disegnata in modo che la mente intuisca subito a cosa serve. Il livello di complessità è tarato sulla capacità umana di controllare più azioni allo stesso tempo: se la sfida è troppo difficile, il giocatore si scoraggia e spegne tutto”.
Due sono i dettami: comprensibilità; coinvolgimento.
Target: under 30. Risultato: Griezmann segna e inscena un balletto di Fortnite.
Uno dei motivi che hanno spinto i 12 club a costituire la famosa e famigerata Super Lega, è quello di catturare i gusti del pubblico giovane, che sarebbe disamorato del calcio attuale e che sceglie altre forme di intrattenimento. Lo stesso Andrea Agnelli ha più volte affermato che i ragazzi nella fascia tra i 16-24 si interessano ad altro: lo spettacolo, se non giocano i top club, non è coinvolgente ed emozionante.
La competizione non riguarda più i club, ma il calcio e i videogiochi, il calcio e Netflix.
E la passione? Il tifo? Domande speciose. Il futuro corre veloce, la lentezza non è: né concessa né ammessa. Bisogna divertirsi, divertirsi, divertirsi…