CALCIO
Di chi è una società di calcio?
Caso Sabbatini: da una parte la passione, dall'altra la programmazione
Pubblicato il 26.05.2024 21:15
di Angelo Lungo
Che il calcio abbia un'origine popolare è innegabile. Che il calcio sia un formidabile romanzo popolare è indubbio. Che il calcio sia un rito, pure nella modernità, è acclarato. Uno stadio ha la capacità di aggregare, ha la forza di essere un luogo sociale. Una squadra rappresenta un territorio, è identitaria: i colori, una maglia sono simboli potenti. Ma di chi è una squadra? La risposta romantica dovrebbe essere: dei tifosi, degli appassionati. Ma il calcio è cambiato, in maniera inesorabile e ineluttabile.  Per gestire una società servono ingenti mezzi finanziari, lungimiranza e programmazione. Il proprietario autoctono non esiste più. È evaporato. È il retaggio di un tempo che non ritornerà più. La vicenda del contratto di Sabbatini è una storia particolare, il racconto non è costruttivo. I rilievi mossi alla società sono speciosi. E la reazione dei critici è scontata. La petizione digitale è l'ultima frontiera del tifoso, l'idea è quella di aumentare la pressione, lo scopo è quello di fare sentire la propria voce. Il tifo silenzioso si inserisce nella categoria dello sciopero. La parola invocata è quella del rispetto. Rispetto è diventato un principio ordinatore: dovrebbe intimorire a prescindere e tutti si dovrebbero conformare al suo cospetto. Si sta discutendo di una società che dovrebbe allungare un contratto a un giocatore che ha 36 anni. Che cosa aggiungerebbe all'aspetto sportivo un'ulteriore annata? C'è una sensazione: ogni mossa del Lugano è valutata attentamente e giudicata con severità. La proprietà è lontana; il presidente è praticamente “sconosciuto”; la maglia celebrativa per la Coppa è sbagliata. E cosa rimanda la realtà? I risultati, la squadra è competitiva, il calcio proposto è di alto livello. E qual è il contesto ambientale? La passione del Cantone e della città è tiepida e distratta: i quasi 13mila di Berna non sono nemmeno 4mila a Cornaredo. E quale sarebbe l'alternativa? Tutti lo pensano, tutti lo sanno, nessuno osa dirlo. Meditate gente, meditate.
(Foto Keystone/Crinari)