Sono cambiati i tempi anche
per i gregari, ma li possiamo ancora chiamare così? Ieri nella ‘mini-tappa’
(42.5 km) che da Ulrichen ha portato i corridori a Blatten-Belalp, peraltro condotta
a ritmi frenetici, Joao Almeida ha preceduto di alcuni secondi la maglia gialla
Adam Yates (ordine d’arrivo a posizioni invertite rispetto al San Gottardo). Il
Giro, a prescindere da oggi, assume dunque l’aria di un duello interno UAE
nella ‘crono’ (15.7 km) di domenica.
Abbiamo lasciato intendere che nel ciclismo d’antan il ruolo dei gregari era importantissimo. Gottfried Weilenmann (1920-2018) ce lo aveva sottolineato con un aneddoto divertente: “Al Tour de France del 1952 dopo i Pirenei Fausto Coppi aveva indossato la maglia gialla. Tutti gli italiani stavano davanti a controllare la corsa. Carlo Lafranchi mi pregò di chiedere agli italiani di lasciarlo andare via per qualche chilometro… A un certo punto scorgemmo il ‘Karli’ che stava mungendo una mucca! Coppi rivolgendosi ai suoi gli disse: ‘vedete come sono bravi gli svizzeri a procurarsi del latte fresco?”.
Abbiamo lasciato intendere che nel ciclismo d’antan il ruolo dei gregari era importantissimo. Gottfried Weilenmann (1920-2018) ce lo aveva sottolineato con un aneddoto divertente: “Al Tour de France del 1952 dopo i Pirenei Fausto Coppi aveva indossato la maglia gialla. Tutti gli italiani stavano davanti a controllare la corsa. Carlo Lafranchi mi pregò di chiedere agli italiani di lasciarlo andare via per qualche chilometro… A un certo punto scorgemmo il ‘Karli’ che stava mungendo una mucca! Coppi rivolgendosi ai suoi gli disse: ‘vedete come sono bravi gli svizzeri a procurarsi del latte fresco?”.
Domiciliato ad Aldesago, dove
è deceduto l’8 novembre di 4 anni fa, da anni Weilenmann si considerava
ticinese. Romano Quattrini, presidente dell’Associazione degli ex corridori: “Göpf
è stato uno dei tanti professionisti che ci ha apertamente sostenuti, ha anche
fatto parte del nostro comitato per molti anni”. Gli avevamo chiesto come
mai amasse così tanto il nostro cantone: “Successe che vinsi la mia prima
gara da dilettante a Locarno e soprattutto ebbi la gioia di indossare la maglia
d’oro ad Ascona. Fu allora che mi convinsi che il Ticino fosse il posto più
bello del mondo…”.
Fratello di Leo, a sua volta
doppio campione nazionale nell’inseguimento, aveva iniziato a gareggiare
all’indomani della Seconda guerra mondiale. Ottimo corridore (fu secondo ai
mondiali di Lussemburgo vinti dal tedesco Heinz Müller, si aggiudicò il TdS
1949, è stato campione svizzero dilettanti nel 1942 e, dieci anni dopo, da
professionista) si è rivelato un fedele luogotenente di Koblet e Kübler.
Orgoglioso di avere corso gli ultimi anni per la Cilo: “È stato un onore nel
1950 rientrare a casa con il primo straniero vincitore del Giro d’Italia!”.
La scena si è ripetuta al giro di Francia vinto da Kübler nello stesso anno
davanti a Stan Ockers e Louison Bobet. E, ancora, in quello dell’anno dopo: “Nella
tappa decisiva Carcassone-Montpellier sono stati i fratelli Weilenmann a
permettere a Koblet di respingere l’offensiva dei francesi e vincere il Tour”
(‘Les Heures glorieuses du cyclisme suisse’).
“Gottfried e Leo –
rileviamo da una cronaca del ‘Natale del ciclista 1986, a firma Ruggero
Bertarelli – hanno largamente contribuito a rendere glorioso il ciclismo
svizzero nell’immediato dopoguerra”.
Gottfried, con cui ci eravamo
incontrati in occasione della presentazione del bel documentario televisivo
‘Hugo Koblet, l’uomo il mito” quasi ogni giorno, a 88 anni, partiva da Figino a
fare il giro del lago. La bici ce l’aveva ancora nelle gambe, la passione gli è
rimasta sin da quando il medico di famiglia aveva chiesto a un ragazzino di 6
anni che cosa volesse fare da grande. Rispose: “Il corridore!”. Una
passione forte e genuina che non si è mai attenuata (anzi!) anche a vent’anni dopo
il conseguimento del diploma di tecnico-geometra. Più che un gregario d’altri
tempi, Göpf è stato una persona che ha amato moltissimo il ciclismo. Nel segno di
un ‘mestiere’ gratificante e indubbiamente avvincente.
(Foto Keystone)