Calcio
C'era una volta il Milan di Berlusconi
Questo Milan, superbo a parole ma, sinora, non sul mercato, farebbe bene a chiacchierare meno
Pubblicato il 14.07.2024 06:22
di Silvano Pulga
C'era una volta il Milan targato Fininvest, e la sua maniera di comunicare. Va detto: ai tifosi capaci di stare al mondo, viziosi di calcio (e magari attrezzati di un minimo di competenza) piacevano poco certe interpretazioni sempre positive delle situazioni, che consentì ai supporter avversari di parlare di "Milanello Bianco", parafrasando un celebre spot pubblicitario dell'epoca. Specialmente negli ultimi anni di questa gestione, certe frasi di Adriano Galliani sui "co-vincitori" o "siamo a posto così", che prestavano il fianco agli sfottò dei tifosi avversari, mandavano in bestia il popolo rossonero. Tuttavia, oggi, l'osservatore professionale, che prova a guardare l'attualità del club milanese al netto del tifo, resta quantomeno perplesso. Certo, i tempi sono cambiati, ed è giusto che la comunicazione venga fatta soprattutto in inglese, a vantaggio dei mercati internazionali: lo fa anche la Ferrari, sia per la Formula 1 che per il WEC, dove l'unica parola scritta in italiano è "tifosi". Il messaggio va tarato su un nuovo target: se è vero che, nel nostro mondo occidentale, quasi ovunque i giovani sono una minoranza, così non è in altre parti del mondo, dove le parole devono arrivare, a caccia di altri mercati. Giusto, quindi, ingaggiare uno youtuber con oltre venti milioni d'iscritti (l'account X del Milan ne ha poco più di otto milioni, per avere un'idea delle proporzioni). Però, come minimo, i contenuti vanno concordati prima. E una registrazione venuta male, magari, si taglia, o si rifà nuovamente. Se poi mancasse la consapevolezza del fatto che i contenuti debbano essere positivamente colti praticamente da tutti, senza dare adito a polemiche, evidentemente siamo di fronte a un problema. Ma non solo: a molti non saranno sfuggite le parole di Antonio Conte, quando ha parlato della nuova stagione del Napoli. Paulo Fonseca, nella conferenza stampa di presentazione aveva detto, non senza un pizzico di spocchia, di voler proporre un calcio dominante, da squadra ambiziosa che vorrà fare la partita, difendere alta e imporsi sull'avversario. Il tecnico dei partenopei, che si diceva essere stato nel mirino rossonero, e del quale si è già parlato troppo a Milano (anche, e purtroppo, dalla dirigenza in occasioni ufficiali), ha risposto: "Dovremo essere intensi, non voglio una Squadra passiva ma che faccia la partita. A parole si possono fare gli scienziati, vorremmo essere dominanti e dire tante cose, poi l'altra Squadra è più forte e ti mette là dietro e ti devi mettere l'elmetto, perciò parliamo poco, pochi proclami e più bello sarà sorprendere”. Che dire? Che ha ragione l'ex tecnico di Juventus e Inter. Abbiamo visto la conferenza stampa di presentazione dell'Inter, con un Simone Inzaghi umile, con la chiara volontà di evitare proclami. Fonseca ha esperienza, e quelle parole in conferenza stampa andavano evitate. E doveva esserci qualcuno a consigliargli di non dirle. C'è un vecchio proverbio: la superbia parte a cavallo e torna indietro a piedi. Questo Milan, superbo a parole ma, sinora, non sul mercato, farebbe quindi bene a chiacchierare meno. Soprattutto quando lo fa in italiano.