CICLISMO
Pogacar è un "cannibale"?
L'accusa al campione sloveno è di non lasciare neppure le briciole agli avversari
Pubblicato il 21.07.2024 06:58
di Silvano Pulga
Con la conclusione del Tour de France, prevista con la tappa a cronometro Monaco-Nizza, e la certa incoronazione di Tadej Pogačar come vincitore di questa edizione della Grande Boucle, sono partite le polemiche. Sospetti di doping (la cosiddetta pratica del rebreathing la quale, secondo i medici degli atleti interessati, è solo una forma di monitoraggio dello sforzo) ma, soprattutto, l'accusa al campione sloveno di essere un cannibale, e di non lasciare neppure le briciole agli avversari.
Il diretto interessato, ancora una volta sul gradino più alto del podio nell'ultima tappa in linea della corsa (la Nizza - Col de la Couillole di 133 km, con arrivo in salita), è stato laconico rispetto a questa critica, dichiarando ai giornalisti presenti che nel ciclismo, quando si può, bisogna vincere, e che si è pagati per quello. Lance Armstrong, nei giorni scorsi, ha addirittura detto che il campione sloveno sta commettendo un grave errore a battere continuamente gli avversari, soprattutto danesi e belgi, e facendolo in Francia, il paese tradizionalmente capofila del ciclismo. Secondo il texano, questo modo di fare potrebbe irritare il pubblico, a lungo andare: una maggiore "benevolenza" lo renderebbe, insomma, più simpatico.
Noi, personalmente, non siamo troppo d'accordo. Il corridore statunitense ha citato l'episodio del Mont Ventoux (13 luglio 2000), quando lasciò vincere Pantani, per poi aggiungere (correttamente) che il romagnolo non ne fu troppo contento. Nei nostri ricordi di adolescenza c'è una tappa del Giro d'Italia del 1980, la Cles-Sondrio. Wladimiro Panizza in maglia rosa, la Cima Coppi sullo Stelvio. Quel giorno (4 maggio) viene ricordato come il capolavoro tattico di Bernard Hinault. Il Tasso mandò in fuga Jean-René Bernaudeau che funzionò come riferimento per il bretone, il quale attaccò sulle rampe dello Stelvio, dove scollinò con un minuto di vantaggio sul leader della classifica. In discesa, il campione francese agganciò il compagno di squadra e i due, in una sorta di trofeo Baracchi fuori stagione, giunsero a Sondrio, dove il capitano lasciò la vittoria al gregario, con Wladimiro Panizza che arrivò staccato di circa 4'. Il capitano della Renault-Gitanes vinse lì il Giro. 
Poteva aggiudicarsi anche la tappa? Situazione diversa, Jean-René Bernaudeau era un suo compagno di squadra, non un avversario. Anche Fausto Coppi, nella Cannes-Briançon del Tour del 1949, lasciò la volta a un Gino Bartali (peraltro arrabbiatissimo, come ci raccontò nostro padre, per il mancato rifornimento ricevuto in cima all'Izoard): ma, anche lì, erano compagni di squadra.
Merckx. al quale Tadej Pogačar viene spesso accomunato, agli avversari lasciava poco o nulla. Sbagliato? Noi crediamo che lasciar vincere un avversario, quanto tutti sanno che potresti batterlo, vuol dire non rispettarlo. Un conto sono i due esempi visti prima, tra compagni di squadra in fughe decisive: ma l'avversario, se ne hai la forza, lo devi battere. Per rispetto suo e tuo. Semplicemente, lo sloveno arriverà dietro quando troverà un corridore più forte. Come è sempre successo, e come giusto che sia.
(Foto Keystone)