Tutto
il mondo sarà, per qualche giorno, a Parigi. Ancora qualche ora e ci
sarà la cerimonia di apertura. I Giochi olimpici ritornano in
Europa. Il Vecchio Continente sembra stanco, incapace di reggere il
peso della contemporaneità. Ha costruito la storia, l'ha diretta, ma
poi si è fermato. Europa è attualmente una categoria indistinta e
quasi amorfa. Vive di incertezze e non sa più come reagire. Sembra
spaurita, non rammenta di avere avuto un'anima e non ricorda le sue
origini. In un mondo di superpotenze è riversa su se stessa,
vorrebbe reagire, ma non ha le forze. È tutto così complesso, tutto
troppo complicato. Il suo passato è diventato ingombrante: riporta a
miti, misteri che affascinano, ma che non incidono più nel presente,
rappresentano nostalgia e forse qualche rimpianto. L'Olimpiade
consente una pausa, un sollievo, sublima l'istante e questo per il
momento può bastare. La forza dello sport è dirompente, è
possente, ammalia e concupisce inesorabilmente. Le turbolenze del
mondo vanno temporaneamente in pausa, sono accantonate, saranno un
corollario dell'informazione. Il principio ordinatore diventa: la
medaglia. L'oro olimpico non ha prezzo. Milioni di atleti ne sono
attratti durante tutta la loro carriera. Lo sognano, lo inseguono, lo
vogliono, è un desiderio continuo. E la vittoria ha i colori
dell'orgoglio nazionale, esalta l'identità di un Paese. Suscita
emozioni e commozione. E per lo sportivo c'è pure un guadagno
tangibile, c'è il valore monetario, il sacrifico che viene
remunerato. E le sorprese non mancano. Gli Stati Uniti pagano l'oro
35mila euro, l'argento 21mila, il bronzo 14mila. La Spagna promette
94mila ai vincitori, mentre i padroni di casa arrivano a 80mila. E i
primi posti? Primeggia la Serbia, il podio più alto garantisce
200mila euro; 186mila li elargisce il Marocco; 167mila la Lituania.
(Foto Keystone)