Diego Armando Maradona
Un artista del calcio
Quando il calcio racconta una grande storia
Pubblicato il 10.05.2021 22:01
di Angelo Lungo
Il sinistro è speciale. Il tiro mancino ha la traiettoria del talento. I sinistri del calcio sono creativi. Il loro genio esalta. Sensibili e discontinui. Mai banali, non recitano a soggetto, interpretano se stessi. Hanno un dono. Prediligono solo un piede. Sono dei ribelli: il mondo è progettato dai “destri”. Lo sovvertono con la fantasia.
Sono imprevedibili.
Li supporta pure la scienza: possono contare su una migliore percezione spaziale, controllata dall’emisfero destro del nostro cervello. Che guida la parte sinistra del corpo, dove ha sede l’intuito, l’emotività, la creatività.
Nel calcio un giocatore si è espresso con il suo piede mancino in maniera subliminale, inarrivabile e inavvicinabile per cifra tecnica: Diego Armando Maradona.
Il 10 maggio del 1987 il Napoli vinse il suo primo scudetto, una squadra del Sud si impose per la prima volta nel campionato italiano. A 180 minuti dalla fine del torneo, la classifica vedeva gli azzurri al comando con 40 punti, l’Inter a 37, la Juve a 36. I nerazzurri persero a Bergamo, la Juve pareggiò a Verona. La divisione dei punti con la Fiorentina fu sufficiente per assegnare il titolo ai campani
Apoteosi.
Un sogno afferrato, catturato, realizzato.
Maradona fu un talento precoce. L’approdo in Europa era inevitabile. Ma a Barcellona non si ambientò, subì un grave infortunio alla caviglia, la sua carriera sembrò arrestarsi.
Il fato è prerogativa divina, mentre il destino è nelle mani dell’uomo.
E la brezza che spirò dal Tirreno, diventò vento impetuoso che lo spinse ad accettare la proposta del Napoli. Che fosse qualcosa di travolgente e sconvolgente lo si capì alla sua presentazione: San Paolo gremito, lui sbucò dal tunnel, folta chioma riccioluta, pallone scagliato verso l’alto, tutto si era compiuto.
Napoli, riscatto, Maradona: è retorica.
Napoli era Maradona e Maradona era Napoli: una simbiosi, una corrispondenza di amorosi sensi, pura e intensa. Pulsione prima, emozione poi e sentimento infine.
L’argentino non era estetica, era arte: i gesti del suo piede sinistro li poteva compiere solo una mano vellutata, con delicatezza e tatto.
Napoli dai mille colori, come cantava Pino Daniele, dalle mille paure, dall’odore di mare, trattata come una carta sporca, ha potuto vivere una storia incredibile.
Il Pibe de oro le ha consentito di respirare l’aria della libertà, la spensieratezza dell’animo.
Ecco il calcio popolare. Una narrazione che è destinata a diventare un racconto epico.
Un simile scudetto ne vale dieci o venti vinti in altre piazze.
Il giudizio su Maradona fuori dal campo va lasciato ai moralisti.
Parafrasando il poeta: la terra non sa quando una simile orma di piede mortale la sua cruenta polvere a calpestare verrà.