Nicolò
Martinenghi e Noè Ponti sono amici, si conoscono da tanto tempo, una
frequentazione iniziata nelle categorie giovanili. Entrambi si sono
affidati a un mental coach o a uno psicologo dello sport. Per
scoprire sé stessi. Per ritrovare certezze, quando i dubbi arrivano
e minano le sicurezze. Non è facile essere giovani e concentrarsi
esclusivamente sullo sport, per essere competitivi servono sacrifici,
la casa diventa la vasca, il resto della vita diventa, quasi, un
dettaglio. Il rischio è quello di spegnersi e di cadere preda del
disinteresse. Essere sempre motivati è complicato, l'inciampo prima
o poi può arrivare. Poi è necessario gestire la pressione, gli appuntamenti
importanti per un nuotatore non sono molti. I calciatori, per fare un
paragone, giocano continuamente partite, il possibile riscatto è
continuo. Gli atleti sono considerati dei supereroi, nell'immaginario
collettivo sono rappresentati come degli invincibili. Martinenghi,
prima dei Giochi, dichiarava: “La medaglia d'oro nasconde più
cose di quelle che fa vedere”. L'atmosfera della piscina
olimpica è fantastica. Eccole le luci, la vasca è favolosa.
Nuotatori e nuotatrici hanno colpi scolpiti e fisici impressionanti.
Il varesino Nicolò Martinenghi ha compiuto l'impresa, la sua è stata una
rana d'oro. Ha colto l'occasione, ha domato l'istante ed il destino è
stato domato. Queste le sue parole, dopo la vittoria, tra lo sfrontato e l'emozionato: “Non
conta il tempo, non conta come stai, ma stare al posto giusto al
momento giusto.” Il lombardo dai capelli platinati l'inno non lo
canta: “Mi
interessa essere sul podio e sentire l'inno, non lo canto non per
menefreghismo, ma per scaramanzia”.
(Foto Keystone)