Romelu Lukaku
Campione si può diventare
Il vero protagonista dello scudetto dell’Inter
Pubblicato il 13.05.2021 22:01
di Angelo Lungo
Lo scudetto dell’Inter ha un simbolo, un volto emblematico: quello di Romelu Lukaku.
Antonio Conte lo ha voluto a tutti i costi, lo ha posto come punto di riferimento sia nello spogliatoio che sul campo. Il belga non ha deluso, ha accettato con responsabilità e consapevolezza. Si è calato nel ruolo con intensità e passione, ha profuso tutte le sue energie.
Lui stesso racconta che dopo la firma del tecnico per i nerazzurri, gli spedì un messaggio: “Arrivo”.
Così è stato. La simbiosi tra i due sembra perfetta. Si capiscono, si intendono, si supportano.
Conte predilige un attaccante dominante, capace di reggere i duelli con i difensori, in grado di proteggere una verticalizzazione dalle retrovie.
La risposta del suo pupillo è stata esemplare: spirito di sacrificio e abnegazione non sono mai mancati, anzi.
Racconta che Conte fu chiaro: “Se non lavori in allenamento non giocherai. Ma è essenziale che tu possa giocare spalle alla porta. Il mister mi mise Ranocchia addosso. Esercizio spalle alla porta: se perdevo palla, ricominciavo da capo. Per tre mesi ho fatto solo questo”.
L’ambiente questa attitudine l’ha percepita. Il feeling è scoccato subitaneamente. I tifosi della Beneamata sono senza mezze misure, non hanno zone grigie: amano o detestano.
E l’egotico Icardi è stato presto dimenticato, un ricordo svanito senza rimpianti.
Ma Lukaku è anche Romelu.
Attento al suo comportamento in campo, speranzoso di essere un ispiratore soprattutto per i bambini.
Infanzia difficile dove la mamma allungava il latte con l’acqua.
“Ho ancora le cicatrici di quel periodo nella mia testa. Quei momenti duri mi hanno dato la carica per essere qualcuno. Gioco per aiutare la mia famiglia. È dura dover andare a prendere il pane al supermercato e chiedere di poter pagare la settimana dopo”.
Si spende sempre molto contro il razzismo: “Anche in Italia hanno capito che non ha senso. Siamo un Paese bellissimo, in cui vive gente di differente colore, religione: dobbiamo solo rispettarci”.
Romelu Lukaku è molto di più, ma rappresenta la parte del calcio che narra storie che oltrepassano il rettangolo verde.
Non ha la classe di un Van Basten, la cifra stilistica di un Lewandowski, oppure la tecnica di un Ibrahimovic, ma una squadra è come un’orchestra: i musicisti devono essere affiatati, suonare lo stesso spartito, il solista deve essere inserito nel contesto.
E per questa Inter Lukaku è un fuoriclasse.