CALCIO: GLI STADI VUOTI E UNA STAGIONE TRISTE
O tutti o nessuno
Volge al termine una stagione fatta di tanta solitudine: anche di chi ha vinto...
Pubblicato il 16.05.2021 09:08
di Giorgio Genetelli
Guardo la strada dal primo piano dello stadio e mi commuovo. Troppa solitudine in questo anno, troppa eco nello stadio, troppi spettri. Li vedo là sotto, i tifosi gialloneri, che accolgono il bus della squadra e ne festeggiano il titolo: Hoppybé Hoppybé. Come il semplice Ambrì Ambrì, solo che la Valascia è morta in solitudine, senza tutti al funerale e senza canti e domani chissà. Il Wankdorf è invece vivo e vegeto, ma denudato e muto e il suo corpaccione è un’inquietudine.
Allora sì, quel migliaio di fans là fuori, che vedo attraverso una specie di rete da pollaio alla Blues Brothers, è la fiamma che brucia dentro i cuori appassiti che aspettano di rifiorire. E penso, e dico forse un’ovvietà, che lo sport senza gli spettatori in carne e ossa non ha più senso. Si tratta solo di un portare avanti per inerzia, con gli atleti playmobil a molla che fanno e disfano per abitudine, come in un rapporto troppo vecchio per fermarsi, ma ancora in attesa di giovane passione. Sto parlando come un oratore anni Sessanta, lo so, è pesante. Ma anche per me, mi scuserete, che ho girato per lavoro dentro tutti gli stadi desolati, ebbene anche per me è stata dura, una navigazione solitaria parlando a un mondo certamente ipotizzato ma forse inesistente.
Eppure l’abbiamo tirata avanti tutti questa rivoluzionaria idea dello sport, questa fede planetaria nel divertimento e nel gioco. Anche i giovani fans dello Young Boys che si scatenano in strada tentando di abbracciare il bus della loro squadra, mascherinati o meno, frenetici e impudici. Sanno che forse manca poco e dunque lo dico, lo diciamo: basta basta basta! Allo stadio o ci tornano tutti o non ci torna nessuno, idioti e poeti compresi. Non si può essere felici da soli, lo dice anche Bielsa.