CALCIO
Fiosioterapista, imprenditore e amante del calcio
Roberto Maragliano si racconta: da 25 anni è parte importante del nostro calcio
Pubblicato il 01.09.2024 05:37
di L.S.
È la passione che muove il mondo. In tutti i campi della vita.
Poi c’è il tempo, che ci permette di fare le esperienze giuste, di crescere e di capire in quale direzione si vuole andare.
Roberto Maragliano, 55 anni, nato a Como ma da una vita in Ticino, è una di quelle persone che ha raggiunto i propri sogni. E forse, chissà, è andato anche oltre.
Conosciutissimo, soprattutto nel Sottoceneri, “Robi” è un tipo dal carattere apparentemente burbero, dai modi forti e decisi, uno che ti spiattella sempre in faccia la realtà delle cose.
Difendeva la porta del Balerna, quando un altro Roberto, l’indimenicato Morinini, che era andato in quella squadra a svolgere un allenamento, capì che poteva essere l’uomo che gli mancava. Quel professionista di cui aveva bisogno nel suo Lugano. Un fisioterapista che capiva di calcio, che addirittura lo praticava.
“Morinini è la persona che mi ha insegnato tutto, gli devo tantissimo: se ho fatto ciò che ho fatto, è soprattutto merito suo”.
E pensare che il primo incontro, a Balerna, non fu rose e fiori:
“Avevamo avuto addirittura una piccola discussione, ma lui amava i caratteri forti e forse mi ha voluto anche per quello. Un po’ lo detestavo, con il suo Lugano aveva battuto la “mia” Inter. Quando ha saputo che facevo il fisioterapista mi ha chiesto di far parte del suo staff. Ho mollato il calcio giocato e ho iniziato così una nuova vita”.
Con Morinini e Paolo Rongoni, ora responsabile dei preparatori atletici della Fifa, componeva un terzetto affiatato. C’era anche Cao Ortelli, oggi ancora sulla panchina del Lugano, un’altra pedina che completava perfettamente questo puzzle:
“Morinini era un maniaco dei dettagli, stavamo ore a discutere per qualsiasi cosa, anche per un giocatore che la domenica doveva giocare dieci minuti. Lui però vedeva le cose bianche o nere, il grigio non esisteva, e questo nel calcio non è sempre un pregio”.
Correva l’anno 2000 e purtroppo, soltanto tre anni dopo, il Lugano fallì. Maragliano era ormai lanciatissimo, era diventato l’uomo che sussurrava ai muscoli di tantissimi sportivi d’élite. Nel 2003 a Savosa veniva inaugurato il centro sportivo Atlantide e Robi, con un guizzo da imprenditore, aveva capito che era il momento giusto per lanciarsi.
“Era la struttura perfetta, dotata di piscina e campo da calcio. Cosa si poteva volere di più da chi faceva riabilitazione? Da più di vent’anni abbiamo lì il nostro centro e ne siamo felicissimi. E da qualche anno abbiamo aperto anche a Bellinzona, dove Tommaso Romeo ne è il responsabile”.
La vita di Maragliano però non si svolge soltanto nel suo studio. Il calcio, la sua grande passione, la sta vivendo anche dal vivo, nei grandi stadi, accanto ai veri protagonisti. E anche qui, tra conoscenze e un pizzico di destino, la sua carriera ha preso un’altra piega importante:
“Ho fatto sei mesi alla Lazio con Petkovic, vincendo anche una Coppa Italia grazie all’indimenticabile gol di Lulic in finale. Ho ancora nel nostro studio la sua maglia di quella partita”.
Un’esperienza indimenticabile:
“Sono stati sei mesi intensi, di tantissimo lavoro. Mi mancava però la famiglia e i miei figli all’epoca ancora piccolini. Così sono tornato a casa, anche se ammetto che un giorno mi piacerebbe rifare un’esperienza del genere, magari più vicino a casa”.
Con Petkovic in nazionale, si era parlato anche di un suo eventuale ingaggio:
“Era una possibilità, ma alla fine, nonostante le raccomandazioni di Vlado, non se ne fece nulla. Mi è spiaciuto, ma come capita spesso nella vita, chiusa una porta, si è aperto un portone”.
Già, un portone chiamato Fifa:
“Un giorno mi chiama Massimo Busacca e mi chiede se sono interessato a lavorare con lui e Collina, ed evidentemente con gli arbitri. Ho accettato con grande entusiasmo e da quel momento loro sono i miei capi, che ringrazierò sempre per avermi voluto e dato questa bella opportunità”.
Due Mondiali di calcio (Russia e Qatar), ma anche due Olimpiadi: quella di Tokyo e quella conclusasi poco fa a Parigi, dove il calcio non è però l’attrazione numero uno.
“Sono tutte esperienze meravigliose, anche se il Mondiale, per chi ama il calcio, è un evento insuperabile. Le Olimpiadi però sono belle perché nei ritagli di tempo ti permettono di andare a vedere discipline e atleti che altrimenti non vedresti mai”.
Anche l’atmosfera tra i due eventi è diversa:
“Le Olimpiadi sono più rilassanti, non c’è il tifo e la tensione che esiste durante un Mondiale di calcio. È vissuto tutto con maggior serenità, in un ambiente più “turistico””.
A Parigi Roberto era il responsabile dello staff fisioterapico della Fifa che si occupa ovviamente degli arbitri:
“Sono felice di aver potuto condividere la mia esperienza con i miei colleghi e amici che lavorano con me all’Atlantide. A Parigi sono venuti anche Elena Pittaluga, Luana Russo e Jacopo Bulgheroni. C’era anche il dottor Giongo di Bellinzona, che essendo un medico, non faceva ovviamente parte del nostro staff”.
Con gli arbitri non è solo un rapporto di lavoro, a volte si instaurano anche delle belle amicizie:
“Ma certo, soprattutto con gli italiani Irrati e Valeri ci sentiamo spesso. Una volta preferivo curare i calciatori, ora che sto diventando vecchio preferisco occuparmi degli arbitri, che hanno un’età più vicina alla mia e con cui ho più cose in comune”.
La passione per la cura dei giovani calciatori gli è rimasta:
“Sì, il lavoro con svolgo con il Team Ticino mi dà tante soddisfazioni. È come se prendessi cura dei miei figli, lo faccio con la stessa dedizione. Lavoriamo anche con squadre della regione come Collina d’Oro e Basso Malcantone, ma non solo. Certo, adesso i grandi club ticinesi di calcio e di hockey hanno i loro attrezzatissimi staff, ma giocatori come Pestoni, Grassi o Fora, continuano a venire qui. Anche ex nazionali come Gavranovic o Türkyilmaz sono nostri clienti fissi. Sono rapporti di amicizia e fiducia che durano da una vita”.
Si chiude con il FC Lugano, che assieme all’Inter, è il suo grande amore:
“È un club che mi è rimasto nel cuore, che seguo sempre con grande affetto. Sono felice per il Crus, con cui avevo lavorato una ventina d’anni fa. Era uno di compagnia, con grande personalità, ma onestamente non mi aspettavo che sapesse gestire un gruppo a questi livelli. È veramente bravo”.