Calcio
Il Fantacalcio voleva essere un semplice gioco, invece...
È diventato una sorta di rito e condiziona il modo di vedere una partita
Pubblicato il 04.09.2024 04:28
di A. L.
Riccardo Albini chi è costui? La cronaca ha bisogno di tempo per diventare storia. Ma la contemporaneità corre veloce, e non c'è bisogno di aspettare. I fatti diventano molto presto eventi. Si racconta che Riccardo Albini ebbe un'idea originale e la realizzò nel 1990, un progetto che divenne popolare nel 1994 quando la Gazzetta dello Sport decise di creare la prima edizione del Fantacalcio. La fantasia applicata al calcio si è concretizzata. E tutto si trasforma in rito. Una pletora di tifosi realizza un sogno immane: compra giocatori e li schiera. Si è proprietari e allenatori. La realtà diventa foriera non di un'illusione ma di una passione che travolge e coinvolge in maniera continua. Si inizia e non si può smettere. Il mercato è finito, la pausa delle Nazionali è propizia per il fantamercato. Si costituiscono comunità piccole o grandi che siano. Si parte con l'asta, impegna una serata, si deve comporre la rosa, si sceglie il nome della squadra, e via. Il credito iniziale deve essere esaurito, poca tattica, molta strategia e convinzione di avere fatto le scelte migliori. In Italia sembra che ben 6 milioni di persone siano ammaliate dal gioco, sono concupite e ammettono di consegnarsi a quello che si appalesa come un demone. La partita non si vede e non si segue come in passato. E allora si arriva pure a sperare che il proprio attaccante segni alla squadra del cuore: un paradosso esistenziale inimmaginabile, incomprensibile ma auspicabile. Il Fantacalcio è una cosa davvero seria, non si può derubricare a livello di pura esperienza ludica, è un principio ordinatore, una categoria quasi essenziale. Chi vince? Chi si afferma? L'impressione è quella che si tratti di una scommessa, può trionfare: il principiante; il fortunato, il competente. L'esito finale è aleatorio. Il parossismo è autentico.