La
cronaca giudiziaria. Un'ordinanza di 580 pagine; circa quaranta
persone indagate per associazione a delinquere e svariati altri
reati; 16 persone sono state arrestate e 2 sono agli arresti
domiciliari. L'accusa non ha dubbi: le principali tifoserie di Inter
e Milan si sarebbero messe d'accordo. L'obiettivo era: prendere il
controllo delle attività economiche collegate allo stadio. Lo scopo:
dividersi i guadagni, attraverso estorsioni, pestaggi e intimidazioni.
Le attività gestite: vendita irregolare dei biglietti, di bevande, di
materiale sportivo; gestione abusiva dei parcheggi dello stadio. Un
quadro sconfortante, avvilente, i dettagli nella forma erano noti a
molti, la sostanza l'ha esposta la Magistratura. Agli Ultras poco
importa l'avvenimento sportivo, la palla che rotola e i 22 che si
rincorrono sul campo. Loro sono imprenditori, e nelle intercettazioni
lo dichiarano: “Tifiamo per i soldi, della squadra non ce ne
frega niente”. Veri e propri impresari, esperti di affari
che sono diventati lucrosi. Avvertono: “Nessuno lavora per il
popolo”, il canto in curva era un pretesto, e “deve
esserci un rientro economico”. La procura di Milano sottostiene
che costoro la legge la dettavano e
che i dirigenti dei club fossero “sudditi”.
Ultras, la rappresentazione che è stata
propagandata,
a uso e consumo
dell'immaginario collettivo.
È
un tifoso conservativo,
non vuole cambiamenti. Lo guida la tradizione. I colori e la maglia
sono vessilliferi, vanno conservati con cura e difesi a oltranza. Il
loro oltraggio non è consentito. Rappresentano un baluardo
esistenziale. È
un tifoso identitario,
si sente di vivere in una comunità, che è chiusa, dove si può
entrare e non più uscire. Pone degli ostacoli, esiste il “Noi”
della squadra e gli “Altri”. Questi ultimi sono dei nemici:
nessuna comprensione, ma solo una rivalità acerrima, stanno
erroneamente dalla parte sbagliata .È
un tifoso credente,
oltre ogni ragionevole dubbio. È saldo nelle sue certezze. Non
contempla né l'apostasia né l'abiura. Procede integerrimo. Non
vacilla. A prescindere la squadra e poi tutto il resto, ossia dei
meri residui. La realtà racconta che come dodicesimo uomo in campo
non esiste. Rimane il tifoso normale: che si dispera o urla;
protesta per un rigore non dato e il suo umore è influenzato da una
vittoria o una sconfitta.
(Foto Keystone)