Calcio
Gli Ultras di Milano
Sono diventati degli imprenditori e i loro affari prosperano
Pubblicato il 01.10.2024 05:58
di Angelo Lungo
La cronaca giudiziaria. Un'ordinanza di 580 pagine; circa quaranta persone indagate per associazione a delinquere e svariati altri reati; 16 persone sono state arrestate e 2 sono agli arresti domiciliari. L'accusa non ha dubbi: le principali tifoserie di Inter e Milan si sarebbero messe d'accordo. L'obiettivo era: prendere il controllo delle attività economiche collegate allo stadio. Lo scopo: dividersi i guadagni, attraverso estorsioni, pestaggi e intimidazioni. Le attività gestite: vendita irregolare dei biglietti, di bevande, di materiale sportivo; gestione abusiva dei parcheggi dello stadio. Un quadro sconfortante, avvilente, i dettagli nella forma erano noti a molti, la sostanza l'ha esposta la Magistratura. Agli Ultras poco importa l'avvenimento sportivo, la palla che rotola e i 22 che si rincorrono sul campo. Loro sono imprenditori, e nelle intercettazioni lo dichiarano: “Tifiamo per i soldi, della squadra non ce ne frega niente”. Veri e propri impresari, esperti di affari che sono diventati lucrosi. Avvertono: “Nessuno lavora per il popolo”, il canto in curva era un pretesto, e “deve esserci un rientro economico”. La procura di Milano sottostiene che costoro la legge la dettavano e che i dirigenti dei club fossero “sudditi”.
Ultras, la rappresentazione che è stata propagandata, a uso e consumo dell'immaginario collettivo. È un tifoso conservativo, non vuole cambiamenti. Lo guida la tradizione. I colori e la maglia sono vessilliferi, vanno conservati con cura e difesi a oltranza. Il loro oltraggio non è consentito. Rappresentano un baluardo esistenziale. È un tifoso identitario, si sente di vivere in una comunità, che è chiusa, dove si può entrare e non più uscire. Pone degli ostacoli, esiste il “Noi” della squadra e gli “Altri”. Questi ultimi sono dei nemici: nessuna comprensione, ma solo una rivalità acerrima, stanno erroneamente dalla parte sbagliata .È un tifoso credente, oltre ogni ragionevole dubbio. È saldo nelle sue certezze. Non contempla né l'apostasia né l'abiura. Procede integerrimo. Non vacilla. A prescindere la squadra e poi tutto il resto, ossia dei meri residui. La realtà racconta che come dodicesimo uomo in campo non esiste. Rimane il tifoso normale: che si dispera o urla; protesta per un rigore non dato e il suo umore è influenzato da una vittoria o una sconfitta.
(Foto Keystone)