Il
Manchester City ha vinto. E festeggia. Aveva una disputa legale con
la Premier. La materia del contendere riguardava le sponsorizzazioni,
un tribunale ha ritenuto che non siano illegittime. Nello specifico
si tratta di accordi tra le società e determinati partner
commerciali (il nodo sarebbero i rapporti più o meno chiari tra le
parti). Il City ha invitato gli altri 19 club a reagire: “Ribellativi
vi stanno ingannando”. La Premier è accusata di essere,
eufemisticamente “imprecisa”, a detrimento degli interessi
delle squadre. Questa causa non ha niente a che fare con le presunte
infrazioni (sono 115) contestate al Manchester, il cui esito si saprà
prossimamente. Una pletora di avvocati schierati e una sentenza di
oltre 175 pagine. Che tristezza. Ed è inutile procedere in
spiegazioni di una materia diventata astrusa. Il calcio è finito nei
tribunali. È un gioco che è diventato: una lotta di potere. La
legge che diventa la suprema potestà di dominio, che deve dirimere
controversie scaturite da quello che dovrebbe essere un divertimento.
Il City scende in campo, si vede una squadra di calcio, ma poi arriva
il dubbio, i loro successi sono considerati non legittimi. Le sorti
del calcio ormai dipendono da bilanci. Un tempo si parlava dei legami
tra sport e politica. Tutto superato, era una pastoia del passato. La
realtà è andata oltre. Ora si deve raccontare di finanza e calcio.
Il conflitto di interessi, in questi casi, è naturale. La strada da
percorrere porta direttamente nei tribunali. Il filosofo italiano
Giambattista Vico sosteneva che, in generale, la storia umana, intende
realizzare degli obiettivi, ma non c'è linearità, lungo la sua
traiettoria. Accade, molto spesso, che l'uomo voglia raggiungere un
fine, ma le conclusioni sono opposte alle intenzioni. Si chiama:
eterogenesi dei fini.
(Foto Keystone)