Bjorn Borg
Il rovescio del… tennis
Una campione che diventa umano  
Pubblicato il 06.06.2021 09:09
di Angelo Lungo
“Quello che importa non è come colpisci la palla, ma se la palla passa o meno al di là della rete. E quando ci riesci è bellissimo”.
Il 6 giugno del 1956 nasce a Stoccolma Björn Borg. Vincitore di sei Roland Garros e cinque Wimbledon, è considerato uno dei tennisti più forti di tutti i tempi. Un personaggio enigmatico e poliedrico: un freddo apparente.
Era ritenuto un uomo di ghiaccio, una sfinge maestosa, impassibile in campo, mai una polemica nei confronti di avversari o arbitri, le emozioni non sembravano riguardargli.
Capelli lunghi e biondi tenuti da una fascia: il suo stile divenne iconico.
Appassionato di hockey su ghiaccio, ebbe in regalo una racchetta da tennis e l’amore scoppiò improvviso e lo avvolse. Il suo primo tenace e invincibile avversario fu il muro: rimette in gioco ogni palla, non c’è partita. Ore e ore ad allenarsi.
Il suo nome, tradotto, significa Orso, ma gliene furono appioppati altri: Ice Borg, Computer, Robot.
Fu un innovatore: utilizzava una racchetta composita, legno mescolato a plastica, con uno scheletro di grafite.
Velocità di spostamento, capacità di concentrazione, resistenza a oltranza lo resero unico. Un eroe nordico che pareva invulnerabile: immune dalle umane pulsioni.
E poi il mitico rovescio a due mani che divenne il suo colpo: implacabile. Un gesto che secondo molti allenatori era un difetto tecnico.
La storia ci rimanda la sua rivalità con John McEnroe.
Lo svedese: glaciale, imperscrutabile, viso sempre con la medesima espressione, grandioso difensore sulla linea di fondo ed esecutore di “passanti” formidabili.
Lo statunitense: sangue irlandese nelle vene, focoso, iracondo, offensivo con avversari e arbitri, attaccante strepitoso, votato al servizio e alla volée.
Era il tennis degli anni Settanta.
Era l’epoca dei giocatori di tennis che nell’immaginario collettivo, cominciarono ad avere una fama pari a quella delle rock star: amati, ammirati, cercati, adorati e sognati.
Borg era scaramantico all’inverosimile: controllava maniacalmente ogni dettaglio, a Londra affittava sempre la stessa macchina, si scaldava sempre sullo stesso campo, non calpestava le righe del campo, durante gli incontri utilizzava solo due asciugamani.
Ma dietro questa corazza c’era: il soffio di un’anima inquieta, l’umano che in tutte le sue sfaccettature si rivela, non può essere contenuto ed esplode.
A 26 anni, l’atleta formidabile e quasi invincibile si ritira.
“La mia vita è stata tennis, tennis e poi tennis. A un certo punto non sono stato più in grado di sopportare la cosa. Non so se ero stanco di giocare o se mi avesse stancato tutto quello che ruotava attorno al tennis, quel che è certo è che volevo vivere”.